Copertina 7

Info

Anno di uscita:2004
Durata:50 min.
Etichetta:Rise Above
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. FILLING THE VOID
  2. THE MISSED
  3. ROADBLOCK
  4. HOOVIN'
  5. SUBTERRANEAN
  6. LOOK BENEATH
  7. ASCEND TO GLAMSTONIA
  8. TESTING THE WATERS
  9. KING TIDE
  10. NON PROPHET

Line up

  • Brad Nicholson: vocals
  • Mel Walker: guitar
  • Josh Nixon: guitar
  • Dave Dryden: bass
  • Maggs: drums

Voto medio utenti

Fatico ad associare all'assolata, luminosa ed in buona parte desertica e disabitata Australia, trucidi scenari forgiati nelle tenebre più opprimenti e spaventose. E'chiaro che i Pod People, quintetto di Canberra attivo da oltre un decennio, sono invece a conoscenza di un lato oscuro della propria terra e ad esso si ispirano per produrre musica massicciamente heavy e terribilmente doomy. Tanto notevole da impressionare un marpione come Lee Dorrian, conquistato in occasione di alcuni concerti comuni in terra Australe fino a spingerlo a scritturarli per la sua Rise Above.
Non è da escludere che il veterano cantante sia stato colpito da alcune similitudini tra i Cathedral ed i Pod People, che anche noi possiamo notare all'interno di questo "Doom saloon". Ad esempio l'opener "Filling the void" ha quel tiro roccioso ed abbastanza svelto che abbiamo sentito sovente nelle proposte del gruppo Inglese, con la differenza dell'uso costante di un growl cavernoso da parte di Brad Nicholson che incrementa il tonnellaggio metallico, ed altri accenni di questo tipo si colgono sparpagliati nel disco. Ma sarebbe ingeneroso dire che ci troviamo al cospetto di una band derivativa. Non che gli Australiani siano particolarmente originali, ma i loro sforzi si sono indirizzati verso una panoramica abbastanza ampia del doom metal, approcci da direzioni differenti cedendo qualcosa in compattezza generale e guadagnando in varietà delle canzoni. Un gruppo che forse è ancora alla ricerca di un'identità definitiva e deve scegliere la direzione nella quale evolversi.
Brilla chiaramente una forte impronta sludge, che trova il suo apice nella sfibrante e fangosa "Subterranean", estenuante monolito ultra-slow che sfida pesi massimi come Grief, Moss, Thee Plague of Gentlemen, e che sembra giocare un ruolo da protagonista nell'economia dell'album. Però la band ottiene risultati altrettanto positivi quando mantiene cadenze lente ma meno esasperate, vedi la Sabbathiana "Roadblock"e l'ibrida "Non prophet" dove la voce a tratti si schiarisce e l'atmosfera si attenua sui livelli evocativi ed ossianici del doom metal ottantiano.
Altra carta in mano ai Pod People è quella dell'heavy stoner fragoroso tipo Orange Goblin o Kaptain Sun, brani dal passo rapido e martellante come "Look beneath","Hoovin"o"King tide", che sebbene non presentino soluzioni innovative hanno il giusto groove per alzare il tasso di aggressività e dinamismo del disco.
Si può forse accusare gli Australiani di essere stati un po'ondivaghi, di non aver focalizzato una linea guida ben definita, ma tutto sommato il lavoro funziona ed è sufficentemente fresco e potente, con qualche deriva sanguinaria e maligna che lo rende più interessante.
In questo periodo pre-estivo come al solito piuttosto fiacco di buone uscite "Doom saloon" può rappresentare un discreto diversivo, in attesa della ripresa autunnale ed anche di un salto di qualità degli stessi Pod People.

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