A cinque anni di distanza dalla nascita, il primo full lenght degli
Heaven’s Basement rappresenta un traguardo finalmente raggiunto, un punto di partenza importante dopo tanta fatica e tanta gavetta.
Due EP convincenti e la possibilità di calcare i palchi di mezza Europa in compagnia di band blasonate hanno permesso a questi ragazzi di farsi conoscere, ma la pubblicità non basta se il prodotto non è all’altezza. Così, dopo aver stupito tutti grazie a live show da standing ovation, il combo inglese completa l’opera con un album davvero bello, biglietto da visita perfetto per fare breccia definitivamente nei cuori di molti rocker.
Filthy Empire comincia alla grande, con una
Welcome Home tirata e trascinata da un ritornello clamoroso, poi si parte con una carrellata di brani tutti diversi, tutti da scoprire: le cadenzate
Fire Fire, Nothing Left To Lose e
The Long Goodbye, la semi-ballad
Lights Out In London, il nobile richiamo alternative di matrice Foo Fighters in
Heartbreaking Son Of A Bitch (gran titolo, per altro!) e addirittura la sfuriata punk di
I Am Electric.
La voce sofferta, sporca e dal grande pathos di Aaron Buchanan si adatta alla grande a tutte le sfumature che una simile varietà richiede, arrivando al top sui pezzi più canonici come
Be Somebody, Can’t Let Go, Jump Back e la bomba di chiusura
Executioner’s Day.
Menzione d’onore per
The Price We Pay, perché quando azzecchi la melodia e sotto una gran voce ci metti chitarra acustica e pianoforte io mi sciolgo come un ghiacciolo al sole, mi innamoro. Sempre.
Hard rock moderno, reinventato plasmando a propria immagine e somiglianza tante cose buone. Non piacerà a tutti, ma pazienza, io ci ho trovato davvero di che essere felice. Disco consigliatissimo, senza filler, da ascoltarsi e riascoltarsi tutto d’un fiato!
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