Fa un certo effetto pensare ad una parte di Heimdall e Undertakers suonare un genere così distante dai gruppi originari, eppure i
Nude esistono già da dodici anni. E dodici anni sono anche la distanza che passa fra il debutto del 2001, Cities and Faces, ed il nuovo
Plastic Planet. Il sound è una elettro wave molto anni '80, che richiama i New Order più easy listening, i Cure, i Depeche Mode, i Paradise Lost di Host, con chitarre sufficientemente appesantite e tendenti al metal. Produzione perfetta, con suoni volutamente sintetici, come il titolo dell'album, pezzi ballabilissimi, dalle melodie semplici e dal refrain accattivante, molti richiami vintage. Direi che il punto di forza della band è il lavoro dietro tastiere e programming di Marco Cozza, mentre il punto debole è la voce, poco duttile e anonima. Probabilmente un ottanta per cento del lavoro lo fa proprio la produzione, che rende molti dei pezzi di Plastic Planet dei potenziali hit da club gothic, perché, a ben sentire, sono carini e nulla più. Non un lavoro eclatante, spesso ripetitivo, estremamente derivativo, lontano dai fasti di un nome come Frozen Autumn. Però, per una serata anni '80, in mezzo a Human League o Dead Or Alive, perché no?
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?