Ci sono dischi che devono superare la prova dei tre ascolti prima che io decida se mi convincono o meno, vuoi per la complessità di alcune strutture che richiedono maggior attenzione o perché credo sia giusto concedere una seconda chance. In altri casi, purtroppo più rari, il mio entusiasmo esplode sin dalla prima nota. Me ne rendo conto da una sensazione particolare che mi fa dimenticare improvvisamente qualsiasi cosa stessi pensando o facendo e la mia attenzione viene completamente rapita dalla sola musica. A quest’ultima categoria appartengono i parigini
Sentence.
Al debutto con questo interessantissimo “
Everywhere”, primo lavoro sulla lunga distanza che segue l’ep “
H.A.A.R.P.” del 2009, propongono un
Progressive Death Metal,
tecnico e “
cervellotico”, decisamente raffinato e di altissimo livello.
Dopo “
Spirit of Birth”, un intro fatta di soli tappeti di
Synth, ecco subito esplodere la prima traccia “
Birth”, che sbatte in faccia all’ascoltatore tutte quelle che sono le armi vincenti del quartetto: una
tecnica cristallina, un gusto decisamente raffinato per la
melodia, un
songwriting eccellente. Un particolare plauso va al lavoro delle
4-corde (che in questo caso credo siano 6): le linee di basso complesse e dal sapore squisitamente
jazz rappresentano uno degli aspetti migliori di questo disco. Degne di nota anche le
intricate strutture su cui sono costruite le parti di chitarra, con degli assoli che fanno emergere un lato più melodico e malinconico (vedi “
The Fall”). Bellissima “
Death”, con quell’intervento di campane che seppur non rappresenti il massimo dell’originalità, calza a pennello in un passaggio del brano estremamente atmosferico ed epico. Ben fatte le parti vocali, un incrocio tra un growl profondo, in alcuni frammenti quasi gutturale e la voce strozzata di
John Tardy degli
Obituary, rovinate, ahimè, dal missaggio, che dedica all’operato del singer un volume eccessivamente basso, relegandolo spesso in secondo piano rispetto al resto. Ciò non intacca comunque di molto il risultato finale del disco.
Chiari riferimenti ad altre band si possono individuare sicuramente nei
Cynic e nei
Death, chiare muse ispiratrici di “
Everywhere”, basti ascoltare canzoni come “
One Day” con il tipico utilizzo dell’
harmonizer tanto caro ai
Cynic, o quanti rimandi ai Death si possono trovare nel ruolo giocato dalle chitarre. La vena invece più “
schizoide” fa venire in mente formazioni come
The Faceless, specie per il lato più brutale e gli
Obscura. Detto questo non si pensi ai Sentence come ad un gruppo clone o privo di personalità, direi che i Francesi brillano di luce propria. Ottima band, ottimo album. Cosa chiedere di più?
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