Il mio primo approccio ufficiale con gli
Empyrios è avvenuto dal vivo, grazie all’esibizione sul palco del
PPM Fest 2013. Tornato a casa, alle prese con il disco, tale esibizione, già apprezzata e gradita in Belgio, ha acquisito ancora più valore. Difficile infatti rendere così fedelmente in sede live le due grandi anime di questa band. Una cattiva, sporca, malata, accostata però ad un volto sereno, melodico e rassicurante.
La musica degli Empyrios è proprio così e, solitamente, la struttura delle canzoni si divide secondo uno schema abbastanza preciso: riff spaccaossa, strofa ipnotica e cattiva, ritornello sorprendentemente melodico e accattivante.
Sempre la solita roba per tutto il disco? No, perché al sound si aggiungono un sacco di elementi moderni e arrangiamenti interessanti, che permettono alle canzoni di apparire come un insieme omogeneo mantenendo però una forte identità.
In mezzo a tutto ciò spiccano alcune cose, in particolare. Sicuramente la voce di
Silvio Mancini, capace di spaziare con maestria e semplicità disarmante tra stili e colori diversi. In secondo luogo la chitarra di
Simone Mularoni, che offre una prestazione davvero esaltante. I riff sono clamorosi, è vero, ma le parti soliste non sono da meno, perché, mai troppo dilatate, offrono emozioni intense, con tecnica e melodia che si sposano alla perfezione. Per finire, il drumming di
Dario Ciccioni: una macchina da guerra infallibile.
Insomma, un album di progressive metal moderno, cattivo e sorprendente. Difficile da assimilare ma pronto a conquistare molti appassionati del genere. Non mi credete?
Nescience, Reverie, Masters, Wormhole o la title-track vi aiuteranno a capire perché, a mio parere, questo è un acquisto assolutamente consigliato!