Gabriele Bellini è una delle grandi “eminenze” del
chitarrismo italico, forte di una carriera (i fenomenali e sottovalutati Hyaena, innanzi tutto, ma poi anche i progetti P.A.S.E. e Pulse – R, oltre a lavori da solista, attività produttiva e collaborazioni varie …) pregna di riconosciuta classe, creatività, vocazione e tecnica.
Mettere la propria esperienza e la propria competenza al servizio del “talento sotterraneo”, cercando di valorizzarlo, sostenerlo e promuoverlo attraverso tutti i mezzi possibili è il nobile presupposto che alimenta questo “Underworld collection”, ricca raccolta di “emergenti” di valore, a cui il nostro vuole concedere una meritata opportunità di visibilità, in un
rockrama sempre più saturo e in cui è davvero arduo raccapezzarsi.
Diciamo subito che l’effetto “disorientamento” tipico delle
compilation viene accentuato dalla materia trattata, una musica esclusivamente strumentale spesso fatalmente orientata sul virtuosismo e sull’ecletticità espressiva, ma allo stesso tempo è anche necessario affermare che il contenuto dell’albo è tale da non escludere nessuno degli artisti coinvolti dalla voglia di un “supplemento d’indagine”.
Obiettivo centrato, insomma, e quelle che seguiranno vogliono essere solo alcune
spigolature d’ascolto che potrebbero essere utili a stabilire in qualche modo delle priorità di approfondimento, all’interno di un contesto piuttosto variegato e costantemente interessante.
Tra i più “impressionanti” cito senz’altro i Cerebral Input (con lo stesso Bellini in formazione), con il loro pulsante
electro-metal, seguito dalle ficcanti visioni lirico-cibernetiche di S.C.I.B., dalle schizofrenie
digital-prog di Bug e dalle cangianti inquietudini percussive di Sguanci.
Semplicemente deliziose, poi, appaiono “Wild mustang' heart”, una dissertazione bucolica firmata da Federico Malloggi e “Pattern of the beings”, suggestiva e vitale tela elettroacustica dipinta dal sensibile pannello di Debireon.
Il traino melodico concesso da Pasquale Bianco alla sua “Desperation” (anche se mi aspettavo qualcosa di maggiormente “brutale” e “malvagio”, visto il titolo e un’ispirazione tratta dal film “Hostel” …) e le atmosfere da
world-music esibite da “Ceuta” di Andrea Campani rappresentano altre due situazioni artistiche degne di primaria attenzione, laddove, come già affermato, è comunque doveroso estendere sentiti complimenti a tutti i protagonisti dell’opera e a chi li ha selezionati.
L’impatto è stato efficace … attendiamo sviluppi (magari anche da parte di qualche altro discografico “illuminato” …) altrettanto significativi e convincenti.
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