Per parlare di questo disco bisogna partire da molto lontano, precisamente dalla fine degli anni ’60, quando in Olanda prende vita quella che diventerà forse la più conosciuta formazione dei Paesi Bassi: i Focus.
Progressivi, alternativi, fautori di un rock strumentale che univa brio e virtuosismo, pop e jazz-rock, musica classica e folk elettrico, il tutto proposto in un ottica “free” ispirata alle acid-bands californiane. Un melange sonoro rarefatto ed impegnativo, struttura ideale per alienanti esibizioni live dove il gruppo si concedeva libertà assoluta di dilatare le proprie composizioni in deliranti e sognanti suite ipnotiche. Considerati forse in modo improprio i Jethro Tull olandesi, fu difficile catturare la loro forza espressiva nel vinile, problema comune ad altri esponenti dell’epoca, ciò spiega lo scarno ed altalenante materiale pubblicato in un decennio di attività. Gli episodi fondamentali si condensano in “Moving waves”, che contiene la celeberrima “Hocus pocus”, ed il successivo “Focus 3” con gli hits “Sylvia” e “House of the king”, praticamente la “Bouree” dei Focus.
Dopo lo splendido live del 1973, registrato al Rainbow di Londra, problemi interni al gruppo ed una direzione più pop-commerciale fanno scemare la popolarità del quartetto olandese che non regge ai mutamenti musicali avvenuti sul finire dei seventies e, salvo una sporadica rimpatriata a metà degli anni ’80, passa direttamente agli archivi della storia del rock.
Nessuno aveva però tenuto conto della tenacia del leader Thijs Van Leer e dell’onda di riflusso che anima oggi l’industria musicale.
Tutto nasce dall’idea di un tributo ai Focus nella quale viene coinvolto lo storico flautista insieme a tre eccellenti musicisti che non hanno mai fatto parte del gruppo. Il carisma e l’entusiasmo di Van Leer, la sua genialità, l’ambizione di stupire ancora con le proprie creazioni, prendono il sopravvento ed il progetto vira in una direzione inaspettata: un nuovo album dei Focus!! L’ottavo.
Alcuni adesso staranno pensando alla solita crosta per nostalgici che si bevono qualunque cosa purchè puzzi di stantìo, invece posso garantire che “Focus 8” possiede qualità pari ai primi storici lavori ed è assolutamente in linea con le regole stabilite allora, nessun volgare modernismo, nessuna intenzione di parodiare i giovani a sessant’anni, soltanto ingredienti di pura marca Focus. Un’elegante miscela di rock dinamici ed affascinanti slow, estese digressioni soft-jazz affidate alla rivelazione Jan Dumèe, chitarrista vellutato e talentuoso che non fa rimpiangere l’assenza del mitico Jan Akkerman, strumentali lunghi ed incantati con la forza del virtuosismo ma non prolissi ed autocelebrativi, che in alcuni casi riprendono con estrema classe i teoremi di McLaughlin e Santana (“De ti o de mi”,”Blizu tebe”). Gli inserti vocali sono limitati, come al solito, al caratteristico “yodeling” di Van Leer che rende inconfondibile la vivace e robusta “Rock & Rio”, e quando il maturo polistrumentista rispolvera il suo magico flauto vengono fuori dei classici di prog-rock al di là del tempo, atmosfere di fiabesca bellezza come “Tamara’s move” o la ricostruzione del vecchio brano “Brother”, riproposto in versione eterea ed estatica, dando così un senso all’impegnativa definizione giornalistica di “Hendrix del flauto”. Altrettanto irresistibile il ritmo sostenuto di “Hurkey turkey”, nella quale il tappeto dell’hammond lancia la lead in un solismo stellare e l’analogo andamento settantiano di “Neurotika” dove ricompaiono i bizzarri vocalizzi in stile tirolese, ed ancora il romanticismo melodico della title-track. Sarebbe tutto perfetto, peccato per la pessima idea di chiudere il disco con una stravaganza operistica che vorrebbe essere divertente mentre invece stona completamente con tutto il resto e doveva essere evitata. Pazienza.
Dimenticate il prog-metal contemporaneo, anche perché non escludo che i meno avvezzi a questi toni soffusi e rilassanti rischino qualche sbadiglio nell’ascolto, ma se siete alla ricerca della musica progressiva originale ed avete consumato i vinili di Colosseum, Camel, Quatermass, Titus Groan, ed apprezzate il Santana più intimista e, perché no, i cari Jethro Tull, allora l’eccellente ritorno dei Focus sarà per voi una boccata di ossigeno.
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