Conosciuti nel 2010 grazie al bel lavoro Living Again, i Last Mistake tornano a tre anni di distanza con un nuovo album, On The Road To Nowhere, che sostanzialmente conferma le buone sensazioni avute mesi e mesi fa recensendo il loro debutto.

Quello che è rimasto intatto è il gusto per un certo modo di scrivere e proporre musica: senza alcun limite o preconcetto. Mischiando generi diversi e tra di loro apparentemente incompatibili, come progressive metal e pop, alternative e hard rock. Il risultato è un album incredibilmente vario, in cui la band può mostrarsi senza paura.

Rispetto al passato, la crescita è evidente e questo disco ci consegna una band matura sotto ogni punto di vista. Le canzoni hanno acquistato spessore, diventando piccoli mondi pieni di colori ed emozioni. Le linee vocali sono diventate estremamente ricercate, ma sempre melodicamente ineccepibili. A livello strumentale tutto è perfetto, senza alcuna mania di protagonismo a rovinare un insieme davvero godibile.

La cosa più bella è che, secondo me, facendo sentire questo disco a chiunque, qualunque genere ascolti, da Laura Pausini ai Porcupine Tree, ci troverebbe qualcosa di interessante. Questo significa che il valore artistico di On The Road To Nowhere è solare, chiaro, indiscutibile.

Solo questo mese ho sentito almeno dieci dischi provenienti da blasonate etichette che questo album non possono nemmeno sfiorarlo. È giusto? Bah, come al solito rimango basito e vi dico: guardate, guardate, guardate dentro i nostri confini, perché c’è realmente tanta classe che non trova spazio. Solo noi possiamo cambiare le cose: comprando dischi, andando ai concerti e parlando delle nostre band. Questi ragazzi in mano al giusto produttore farebbero un album da 9, ne sono più che convinto.