Conny Bloom è un chitarrista/cantante Svedese che alcuni ricorderanno come protagonista negli Electric Boys oppure nel progetto rock Titanic Truth, formazioni che hanno prodotto qualche interessante lavoro passato come sempre inosservato qui da noi.
Il talentuoso guitar-hero è un grandissimo ammiratore di Hendrix e di tutti i fenomenali interpreti del rockblues/hard rock anni '70, quindi le sue iniziative musicali puntano sempre a rinverdire i fasti di quell'epoca lontana ma mai dimenticata. Per quest'ultima band che porta il suo nome, Bloom ha reclutato un po'di vecchi amici come il drummer Tom Broman (insieme negli Electric Boys) e qualche conoscenza più recente tipo l'ormai celebre Per Wiberg (Spiritual Beggars), diventato punto di riferimento nell'ambiente Scandi-rock quando si tratta di ricostruire certe vibrazioni puramente settantiane.
E di atmosfera seventies questo live strabocca davvero, così ricco di spirito jammistico ed assoli torrenziali, di riffs al cardiopalma e melodie invitanti, di bollente groove carnale e sana voglia di farsi trasportare dal piacere del rock.
Registrato durante una breve tournee Svedese, l'album è un'eccellente omaggio ai classici che hanno segnato un'epoca come dimostrano le appassionate covers di Edgar Winter ("Frankenstein"), Pat Travers ("Snortin'whiskey"...and drinkin'cocaine..nda), e dei mitici Ten Years After di Alvin Lee ("I'm going home"), inni straordinari alla fisicità del rock'n'roll ed alla sua dimensione più nobile e solare. Bloom riesce però ad evitare la scontatezza di una semplice operazione nostalgica rinfrescandola con vivaci pulsazioni funky, che il bravo Conny ama immettere nel proprio stile rendendolo maggiormente dinamico e personale.
Così, malgrado la lunghezza "pesante" del lavoro, si respira un'aria tutt'altro che polverosa, anzi i momenti di eccitazione sono parecchi ad iniziare dai torridi hard "Groovus maximus"e"Straight no chaser", che mi ricordano i Purple era-Bolin, per finire con le estese ed acide improvvisazioni di "All lips & hips", cavallo di battaglia degli Electric Boys, senza dimenticare le svisate psichedeliche di "Mary in the mistery world" o il toccante romanticismo di "Dying to be loved".
In Conny Bloom è assente l'autocompiacimento che macchia spesso i lavori dei funamboli della chitarra, non troviamo neppure quella parvenza di classicità usata spesso come paravento per opere barbose, c'è invece la calda energia di un vecchio live dei Grand Funk o degli stessi Purple, quel magnifico impatto rumoroso, sensuale, entusiastico e magari un po'ingenuo quanto sincero, che oggi viene solitamente annacquato da una muraglia di ritocchi ed aggiustamenti a snaturare la ruvida magia di un bel concerto rock.
Un disco senza smanie cerebrali, gioioso e retrò ma con ottima tecnica e songwriting fantasioso, che può essere la scelta giusta se siete a caccia di revival rock settantiano ma non volete avventurarvi in settori dove regnano le contaminazioni stoneggianti.
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