La definizione “guitar hero”, benché possieda una valenza ovviamente positiva, ha, nel corso degli anni, assunto significati anche di segno opposto, identificando spesso chitarristi di superlativa consistenza tecnica, ma un po’ troppo “sbrodoloni”, soprattutto a partire dai mid-eighties, quando il fenomeno del “disco per chitarra” raggiunse la sua massima “sovraesposizione”.
Fortunatamente il nostro Gianluca non appartiene alla categoria appena descritta e, dopo aver allietato le nostre orecchie con gli eccellenti Mantra e Time Machine, sfoga la sua evidentemente considerevole energia creativa anche in questo pregevole secondo lavoro strumentale da solista, dopo l’esordio, in questa veste, di “Rock religion” del 2000. Per questo “Back home” il chitarrista senese si circonda di musicisti d’assoluto valore e caratura artistica: oltre ai fidi “pards” dei Mantra, Andrea Castelli e Senio Firmati, coadiuvati dalle tastiere di Emilio “Millo” Sapia, anche lui già presente sull’ultimo cd degli abili hard rockers toscani, vengono coinvolti, come special guests, i compagni d’avventura nei Time Machine Lorenzo Dehò e Gianluca Ferro, nonché altri nomi piuttosto noti del panorama musicale nostrano (tra gli altri, il drummer Mario Riso, che tra le molte collaborazioni, ricordo piacevolmente nei progetti R.A.F. e Movida, Gae Manfredini e Alex Del Vecchio, pure lui ai “tasti d’avorio” nell’ottimo “Hard times”) e il “guitariste” transalpino Partick Rondat.
Vista l’introduzione, non vorrei che si pensasse che il disco in questione sia povero dal punto di vista tecnico … al contrario … le ritmiche potenti e fantasiose e i soli ispirati e funambolici, evidenziano comunque sempre linee e costruzioni melodiche gradevoli, una spontaneità ed una facilità nell’essere memorizzate non comunemente riscontrabili in produzioni di questo tipo, anche grazie al notevole lavoro svolto in sede d’arrangiamento (non a caso Galli è autore di un metodo, in ambito rock, rivolto proprio a questo fondamentale aspetto musicale) e alle seducenti porzioni acustiche.
Nell’album sono rintracciabili un po’ tutte quelle che ritengo siano le passioni musicali del nostro Gianluca, in parte già espresse anche nelle sue recenti esperienze discografiche: innanzi tutto l’hard rock, il blues e le atmosfere orientaleggianti, poi un pizzico di prog metal, affiancato da illuminate influenze di derivazione fusion, il tutto condito da propensione alla sperimentazione e da sonorità maggiormente “moderne”.
Nel booklet, ogni brano del disco è commentato con interessantissime note e citazioni che descrivono i riferimenti ispirativi delle tracce, legati alle varie sfaccettature dell’ambito religioso, filosofico e spirituale, indicando gli interessi culturali di Gianluca e creando, se letti ascoltando la musica, un significativo contributo d’emozionalità.
La musica contenuta in “Back home” è d’altissima qualità e parlando d’influenze nel contesto specifico dello strumento, non si possono non citare il magistrale Joe Satriani e il maestro Jimmy Page, con alcuni richiami al geniale Steve Vai, ma il tutto viene amalgamato in maniera decisamente personale, denotando grande gusto e abilità compositive.
L’hard rock dalle vaghe reminiscenze prog di “Fire in the sky”, dove l’eccezionale linea melodica ricorda l’approccio del già citato Satriani; la strabiliante “Mind control” dal groove roccioso e contagioso, impeccabile sezione ritmica e il rilevante contributo di monsieur Rondat; l’attacco heavy, i campionamenti e il suono del sitar, fusi ad arte nell’ottima “Sasquatch”, conclusa dai vagiti di Lorenzo, figlio di Gianluca (a proposito, considerando i polmoni, se fossi in Jacopo Meille, valente singer dei Mantra, comincerei a preoccuparmi per un possibile futuro concorrente, anche se vedendo le immagini della “photo gallery” inclusa nel cd, è più probabile che il pargolo segua le orme del papà …); l’acustica e zeppeliniana “Avatar”; la splendide “Lay line” e “The circle” contraddistinte da strutture base tipicamente hard rock e melodie ancora una volta esemplari; l’hammond e i suoni maggiormente d’estrazione fusion di “Y2K” con Gianluca a condividere la scena con lo stile sempre preciso e pulito di Gae Manfredini; l’hard blues più semplice ma non meno coinvolgente di “Hake”; le sperimentazioni di “Jadoo” e “The 4th dimensions”, dove vengono manifestate grandi capacità nel contaminare il background più hard in senso tradizionale con suoni più moderni, ottenendo risultati ancora una volta encomiabili; “New world order”, praticamente una sorta di versione strumentale della magica “The normal thing” (completata da un finale degno della bellezza intrinseca di questa grande song) che abbiamo già apprezzato nell’ultimo lavoro dei Mantra e la conclusione affidata all’affezionata dedica per il piccolo Lorenzo di “First day on Earth”, eseguita solo alla chitarra acustica e tastiere… ecco cosa potrete trovare su questo platter, che mostra, ribadisco, nella competenza ed inventiva tecnica, nell’immediatezza e nella varietà le sue armi migliori.
“Back home” è, quindi, non solo adatto ai maniaci della 6 corde, ma deve essere considerato come una priorità per tutti gli amanti della buona musica e potrebbe risultare “educativo” anche per coloro che pensano che una produzione discografica orientata principalmente sulla chitarra sia (o debba essere) solo una gara di velocità o una dimostrazione “masturbatoria” di virtuosismi tecnici … un’eccellente lezione impartita dal “Prof. Galli” e da tutti gli altri “cattedratici” che suonano in questo disco ai quali vanno estesi tutti i miei elogi per la prestazione espressa.
Come se non bastasse il cd offre anche un’apprezzabile sezione multimediale costituita da video (“Fire in the sky”), “making of” dello stesso, la già menzionata “photo gallery” e un segmento, denominato “songs” nel quale sono ripresi i commenti del booklet, corredati da suggestive immagini “in tema”.
Il disco esce (come già “Hard Times”) su etichetta Horus, fondata dallo stesso Galli … discografico, autore di metodi didattici, songwriter, musicista sia solista sia in favolosi gruppi … beh, Gianluca, cos’altro dobbiamo aspettarci?