Come ampiamente pronosticato dal sottoscritto in fase di recensione, nel 2008:
Gianluca Grazioli ha scritto precedentemente:
Diciamoci la verità, così, brutalmente: Jens Broman non era il cantante adatto a sostituire l'ottimo Andreas Sydow, fuori dalla band dopo il grandioso "Layers of Lies".
Jens Broman non era affatto il cantante adatto per i
Darkane, troppo poco diretti, brutali e lineari per un singer furioso ma poco eclettico e troppo monocorde come il singer dei
The Defaced. Ne risultò un disco come "
Demonic Art", comunque valido e con episodi incredibili al suo interno ma troppo asciutto e diverso da quanto ci hanno abituato in passato i Darkane, sempre così imprevedibili, pazzoidi e pieni di risorse piuttosto che macchine tritasassi a 200 all'ora tipo
Carnal Forge,
Defleshed e tanti altri combo provenienti dalla Svezia o già di lì.
Il clamoroso rientro in formazione di
Lawrence Mackrory, che mancava nella lineup dei Darkane sin dal lontanissimo e meraviglioso debut "
Rusted Angel" del 1999, lasciava ovviamente presupporre un ritorno a quelle atmosfere malate ed intricate e così è stato, sebbene sia doveroso specificare subito che la qualità del primo disco non è stata raggiunta e tantomeno quella del capolavoro con Sydow alla voce, ovvero il pluripremiato "
Layers of Lies" uscito nel 2006 per
Nuclear Blast ed a nostro avviso masterpiece definitivo della band capitanata da
Peter Wildoer.
Il tempo passa per tutti e
Mackrory non fa eccezione: oltre ad aver preso di aspetto 40 anni in 14, le sue vocals non sono così devastanti ed abrasive come a 20 anni (anzi, a dirla tutta dovrebbe smetterla di scimmiottare
Hetfield, vedi chorus della title track ma anche in generale...) ma di certo può interpretare e divagare molto rispetto al buon
Broman e cimentarsi anche in clean vocals improbabili per il suo collega; la prova della band, dalla sezione ritmica alle chitarre, è assolutamente stupefacente, mostruosa, ma questa è una frase che potremmo copia/incollare in ogni recensione di ogni album della formazione di Helsingborg e non ce ne stupiamo più, possiamo solamente rimanere ammirati di fronte a tanta perizia tecnica messa al servizio dei brani e non viceversa, cosa assai rara specie di questi tempi dove la forma conta più della sostanza.
Un disco mai monotono, con decine e decine di soluzioni improvvisate, di cambi di tempo sempre digeribili e perfettamente inquadrabili in una nomenclatura "estrema", quindi senza troppi incomprensibili fronzoli, che si pone come una sorta di mix tra "
Layers of Lies" ed "
Expanding Senses" e che forse nel caso di quest'ultimo, e RIPETIAMO FORSE, lo supera per qualità e costanza, sebbene quattordici brani (sebbene con un paio di semplici intro), addirittura sedici nelle edizioni con le due bonus tracks, siano probabilmente troppi per una acquisizione più diretta e subitanea di "
The Sinister Supremacy".
Hilights del disco sono la title track, "
In the Absence of Pain" (probabilmente la migliore!), "
The Decline" e la devastante ed allegorica "
Existence is just a State of Mind" ma in generale "The Sinister Supremacy" è un disco che non riesce a competere solamente con i due capolavori totali "Rusted Angel" e "Layers of Lies" ma che si pone tranquillamente come terzo album migliore nella discografia di questa band immensa ed immensamente snobbata, a torto, dalla massa ignorante.