Debut album per questo nuovo progetto voluto da Aran ( Lunar Aurora e Trist ) e G.A. Chandler già all’opera nei doomster Esoteric , che facendosi aiutare da Vortirgen ( The One) e T.J.F Vallely (Omega Centauri) ci offrono questi abbondanti trentasette minuti di black metal avant-gardistico dalle pesanti influenze doom con importanti ricami sinfonici. La proposta, come avrete capito da questo sintetico tentativo di catalogazione, non è delle più semplici e dirette, ma se avrete un po’ di pazienza saprà sicuramente coinvolgervi e trascinarvi nel vortice delle note soffocanti che fanno bella mostra di se. Sicuramente l’ascolto dell’album non è dei più semplici anche perché si ha spesso l’impressione che le due anime principali che caratterizzano il progetto (Trist più Esoteric per essere chiari) camminino spesso parallelamente senza mai incontrarsi (ovviamente) dando luogo così ad un sound che a primo impatto è più che altro giustapposto piuttosto che organico. Quando si riesce a superare questa difficoltà si hanno dei pezzi molto interessanti come “Sceptre To Control The World” dove angosciose parti doomish riescono a convivere senza sforzo a fianco di accelerazioni blacky, esaltandosi l’un l’altre, grazie anche ad un buonissimo lavoro in fase d’arrangiamento delle tastiere. Altrettanto può dirsi per “Triumphalism” che al netto di un inizio un po’ banale riesce poi a segnalarsi come uno dei brani più riusciti grazie a delle ottime tastiere e a una buona ispirazione che ci permettono così di far godere le nostre orecchie. Purtroppo però non sono molti i brani che riescono nell’ ambiziosa fusione black-doom, prendete per esempio “Against The Paradoxical Guild” brano che si apre con un flavour vagamente Ophtalamia, ciononostante è grazie alle parti più veloci e blacky oriented che prende vita e riesce a lasciarsi dietro quell’aria di involuzione ed eccessiva forzatura che le parti rallentate gli danno. E’ proprio in questi momenti più “riflessivi” che lo spirito degli Esoteric prende il sopravvento senza per questo riuscire ad avere e a trasmettere la stessa classica soffocante pesantezza. Avendo ascoltato l’album più volte, ma sempre in situazioni differenti, a volte tutto d’un fiato, altre con lunghe pause (causa lavoro) tra un brano e l’altro, ne ho ricavato un’impressione abbastanza contrastante, infatti presi tutti d’un fiato i sette brani, più inutile intro e insensato intermezzo, possono essere addirittura noiosi e oltremodo avant-guardistici, mentre se i brani vengono presi a piccole dosi se ne trae un quadro completamente differente con almeno due ottimi brani, altri due-tre tra il buono e il discreto e il resto (giusto un paio di pezzi) riempitivi. Al netto delle sensazioni affrettate o del momento, ne ricaviamo un album di metal estremo moderno, che potrebbe portare con se i germogli del capolavoro pronto a sbocciare nel prossimo album (se mai ci sarà…) per il momento però dobbiamo accontentarci di un album che presenta diverse ingenuità che però non impediscono al platter di andare oltre una ampissima sufficienza. Se i Lychgate avranno il coraggio di continuare il loro cammino su questa strada ibrida e tortuosa potremmo veramente avere di che godere…