Non me ne vogliano i fans delle
Kamala, ammesso che ce ne siano, ma raramente mi è capitato tra le mani un album più inutile di questo “Kamala Akka”. Le tre donzelle finlandesi hanno sbagliato proprio tutto, nel senso che avrebbero dovuto darsi al pop, e avrebbero riscosso senz’altro responsi migliori, visto che del ‘thrash metal in Sepultura, Pantera & Testament style’, come sbandierato dalla Inverse Records, non ce n’è minimamente traccia, e aggiungerei che il loro ‘sound that is definitely unique!’ è un bene, perché per fortuna non ci sono altri dischi di siffatta specie…
Kamala in finlandese significa terribile, ed è proprio questo l’aggettivo che per primo mi viene in mente ascoltando il disco. Riff scontati e banalissimi, dal sapore modernissimo, ritmiche semplici, e soprattutto la voce di Karita Kivioja a demolire definitivamente ogni cosa, talmente insulsa che non farebbe intimidire neanche mio nipote di 10 anni.
Qual è quindi il senso di un album del genere? Io una risposta ce l’ho, ma me la tengo per me perché potrei diventare offensivo. Più semplicemente può spiegarsi con la tristissima usanza di molte etichette, purtroppo sempre più in voga negli ultimi anni, di aver capito la competenza media dei nuovi giovani metallari, e quindi di sfruttare questo loro ‘ammoccarsi’, come dicono ad Oxford, qualsiasi cosa, l’accettare incondizionatamente ogni album che venga pompato in maniera convincente in fase di recensione o nei flyer pubblicitari, e soprattutto sfruttare le insulse mode del momento. Oltre al fatto che da quando il metal è stato (purtroppo) sdoganato, moltissima gente che si sveglia la mattina a suon di Biagio Antonacci ha imparato ad ascoltare album tipo questi, dove l’unica connotazione metal è la chitarra distorta. Finisce tutto lì, davvero, non c’è nulla che possa infastidire, mettere a disagio, impaurire, tutti termini che negli anni sono spariti dal nostro mondo (non del tutto, per fortuna, solo in quello più schifosamente easy listening).
E non basta certo la particolarità del cantato in finlandese per risollevare le sorti di un album veramente insulso, peraltro talmente vario nella sua proposta da brano a brano, da risultare alla fine mediamente confusionario, un album che è privo del benchè minimo spunto, di un refrain che colpisce, di un riff killer…
Sembra che dal vivo le tre donzelle siano una vera furia… mai avuto la fortuna di vederle in azione, quindi mi fido di quanto asserito dalla label, ma allo stesso modo dissento su tutte le dichiarazioni di cui vi ho parlato prima…
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