Avete presente quei dischi suonati bene, cantati altrettanto egregiamente, ma privi di una vera “luce” espressiva?
Ebbene “Cage of infinity”, terzo
album dei
Vindictiv può essere annoverato proprio nella succitata categoria.
E’ anche vero che il genere, un
hard n’ heavy neoclassico piuttosto tipico, non induce ad essere particolarmente fantasiosi, e tuttavia qui a mancare, seppure all’interno di un connaturato rigore stilistico, sono le “canzoni” e quel magico attributo spesso denominato
feeling capace di rendere coinvolgente anche un suono spiccatamente “familiare”.
Abbandonati quasi del tutto gli influssi
prog, immersi in un clima piuttosto torvo e aggressivo, con le cascate di note prodotte incessantemente dalla chitarra di Stefan Lindholm che si diluiscono nell’ottimo cantato del “nostro” Marco Sandron (Pathosray, Eden's Curse … e riuscire a sostituire adeguatamente un “certo” Goran Edman non è impresa facile per nessuno …), gli svedesi finiscono per sembrare una sorta di sbiadita interpolazione tra Malmsteen, Stratovarius e Primal Fear e per scadere di frequente nella mera esercitazione di stile, riuscendo solo saltuariamente a consentire una qualche forma di rilevazione
cardio-uditiva degna di reale interesse.
In questo modo, se l’arcigna “The chosen”, le cadenze moderatamente suggestive di “Down in a black hole”, le piacevoli variazioni armoniche di “Astronaut”, le spigliatezze di "Human emergency” e la “classicità” di “Resistance” si lasciano ascoltare senza cagionare prepotenti sussulti, bisogna, in definitiva, attendere l’
imboscata straniante “Orphans”, l’epica “The encounter” e la sontuosa “Screaming for answers” (gran bel pezzo …) per individuare una classe compositiva di livello superiore, in grado di stagliarsi dalla “gradevole mediocrità” in cui è immerso il disco.
Peccato, un’occasione mancata per un gruppo di dotato di enormi mezzi tecnico-interpretativi, che al momento sembra aver smarrito la strada della “distinzione”, preferendo accodarsi ai troppi sterili frequentatori del settore, tanto abili quanto poco incisivi.
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