Prosegue il periodo tribolato della Listenable, che dopo aver passato anni d’oro nel periodo migliore del metal estremo, si trova oggi ad inseguire bands che non hanno poi molto da dire e da dare alla scena (
The Amenta esclusi). E’ il caso dei danesi
Panzerchrist che hanno fatto un clamoroso buco nell’acqua con il qui presente
“7th Offensive” che, visti i buoni risultati del precedente
“Regiment Ragnarok” , doveva essere l’album del rilancio e invece è solo una grandissima delusione.
“7th Offensive” è un album che fa acqua da tutte le parti, mancando innanzitutto di una coerenza compositiva di fondo che lo fa assomigliare più a una raccolta casuale di pezzi piuttosto che a qualcosa partorito con passione e devozione come fatto dalla band danese lungo tutto l’arco della sua lunga carriera. E’ davvero brutto a dirsi, ma la maggior parte dei brani altro non sembrano che un confuso assemblaggio di idee prese un po’ ovunque, senza alcuna convinzione e senza alcun tipo di logica, e pensare che neanche l’album d’esordio
“Six Seconds Kill” era così sconclusionato e affrettato. Da un punto di vista dei contenuti musicale
“7th Offensive” potrebbe ricordare un po’
“Soul Collector” , altro album mediocre…, ma con in più il peso dell’esperienza che non è riuscita nessun modo ad ispirare la band. Una delle più evidenti stonature dell’album è senz’altro il pessimo lavoro svolto dietro al microfono da Soren Sindsyg Lonholdt con il suo growl oltremodo brutale, gutturale e profondo, quando le strutture dei pezzi avrebbero richiesto certamente qualcosa di più leggero, magari anche più standard ma certamente meno estremo. Ne è un chiaro esempio
“Foreign Fields” , dove ad un pezzo leggerino e snello, che in parte mi ha lontanamente ricordato i
Carcass di
“Heartwork” , oppone un growl da brutal death band di quarta categoria. Altrettanto dicasi per
“Dogger Dead” , dove vengono toccati picchi brutal-grind piuttosto che death. Altra annotazione negativa per la produzione, non eccessivamente dinamica e discontinua nel corso dell’album e con un forte accento sulle parti soliste. A tal proposito c’è da sottolineare come spesso si abbia l’impressione che la band voglia arrivare il prima possibile sul solo, per una chiara mancanza di idee o per
“confondere” un po’ l’attenzione dell’ascoltatore e magari beneficiare della sua benevolenza. Ovviamente anche in mezzo a questo marasma c’è qualcosa da salvare come la title track posta in apertura o
“Mass Attack Of The Lychantrope Legion” dove i Panzerchrist potrebbero addirittura richiamare gli
Amon Amarth grazie ad un buon flavour epico, che pur non centrando molto con il resto dell’album, è comunque molto piacevole da ascoltare. Non dico che mi aspettavo un capolavoro, ma neanche cotanta pochezza, delusione totale!
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?