I Church of Misery si sono creati una certa popolarità all’interno della scena doom non soltanto per il loro livello musicale più che discreto, neppure per il fatto di essere Giapponesi quindi una rarità in questo campo, ma soprattutto per la loro particolare e morbosa fissazione verso i serial-killer, sfogata dedicando a ciascuno di loro ogni singola canzone del repertorio.
Dai famigerati Charlie Manson o Ed Gain ai meno conosciuti Richard Ramirez o David Berkovitz, la produzione dei Church of Misery sembra spartire più con le liste dei ricercati della polizia che con le sceneggiate cimitero-depressive del tanto pompato gothic doom. La band del Sol Levante, che ora pare aver raggiunto una buona stabilità dopo infiniti cambi di line-up, propone invece un suono rabbioso e psicotico, molto più votato alle sgraziate sferzate psycho-heavy anni ‘70 che alle sofferenti lentezze mortifere dei tempi più recenti.
Questo doppio cd pubblicato da Leaf Hound non è altro che la raccolta di tutto il materiale pubblicato dai Nipponici prima del debutto “Masters of brutality”, uscito per Southern Lord nel 2001, canzoni che sono state tutte rimixate per l’occasione.
Si va dall’introvabile mini “Taste the pain” per Bad Acid, con una sorprendente cover della mitica “In-a-gadda-da-vida”, agli altrettanto rari split con Iron Monkey e Sheavy usciti l’uno per la defunta Man’s Ruin e l’altro su Game Two, il tutto completato da una manciata di covers di Trouble (“Come touch the sky”), Black Widow (“Accident”) e dei nostri Death SS (“Chains of death”), ed ancora un solitario brano inedito registrato nel 2000 (“Retal”).
Tenuto conto che, tranne fanatici collezionisti come il sottoscritto, saranno davvero pochi a possedere questi lavori di difficile reperibilità, la raccolta non è priva d’interesse specie per coloro che hanno apprezzato i Church of Misery con l’album di debutto. C’è la ghiotta occasione di approfondire la conoscenza del gruppo e completarne la discografia senza svenarsi con assurdi prezzi da rarità, oltretutto portando a casa cento minuti di ottimo psycho-heavy doom con qualche episodio di qualità superiore allo stesso full-lenght d’esordio.
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