Che bravi gli [B]Across Tundras[/I], trio del Colorado balzato agli onori delle cronache (underground) grazie al loro eccellente “Sage” (2011). Ora è uscito il nuovo album, ed il gruppo dimostra di aver ulteriormente perfezionato il proprio stile: una acidissima miscela di rock psichedelico ed umori country rurali prettamente statunitensi.
I brani sono cavalcate dense guidate dalla chitarra ipnotica, talvolta quasi drone, e dalla voce strascicata del leader Tanner Olson, capace di riempire ogni spazio con cascate di riff e note sature di elettricità. Ma un grande contributo arriva anche dalla sezione ritmica nella quale spicca Mickey Allred, bassista e tastierista dal tocco sapiente ed affascinante. Ed è proprio l’atmosfera sognante, polverosa, rustica, malinconica e vibrante, la forza di questo disco che avvince dall’inizio alla fine. Ascoltando “Castaway” è impossibile non pensare ai Dead Meadow più ispirati, mentre la stupenda “Solar ark” sembra suonata dai Pink Floyd immersi nei miraggi desertici. L’energia dell’opener “Pining for the gravel roads”, il superbo strumentale “Kiln of the first flame” e la clamorosa “Unfortunate son”, un macigno psycho/dark che trasuda droga e Black Sabbath, sono gli altri momenti più rilevanti in un lavoro di elevato spessore.
Ancora una volta, le realizzazioni migliori per quanto riguarda l’heavy rock alternativo ci giungono da piccole formazioni semisconosciute. Negli ultimi tempi, dopo Blaak Heat Shujaa, tocca agli Across Tundras meritarsi la palma di grande novità. Consigliati.
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