Tra le poche etichette discografiche che sanno come muoversi nell'underground e vanno a cercarsi i gruppi nei più fetidi pub e umide cantine, la
Relapse rimane la migliore. Tutti i mesi da questa label americana escono gruppi interessanti, ultimi arrivati i
Lord Dying.
Come si intuisce dal nome della band, il quartetto di Portland non ci delizierà certo con soavi melodie, allegri motivetti o festanti cori da sagra paesana. Quello che troverete dentro a
Summon the faithless è puro lordume sonoro.
Chitarre super distorte con riff tanto semplici quanto pesanti e puzzolenti, un batterista che picchia tempi medi come un carpentiere con la mazzetta, basso ben presente con tutto il suo carico di marciume e una voce urlata e sofferta come se stessero scarnificando il cantante.
Questo è sludge!
Nella loro miscela sonora troviamo parecchia ispirazione che proviene da acts come
High on Fire,
Red Fang o ancora gli
Alabama Tuderpussy nelle canzoni più veloci e meno funeree.
Quasi tutti i pezzi che ci propongono hanno ritmi medi, di quelli che ti fanno tenere il tempo con la testa, ma nella loro durata le canzoni possono subire rallentamenti e farsi oscure e minimali o accelerare improvvisamente.
I migliori brani, oltre all'iniziale title track, sono piazzati a metà lavoro
Greed is your horse,
Descend into external e
Dreams of mercy come se i
Lord Dying volessero tenere alta la concentrazione e spingere l'ascoltatore a proseguire nel sentiero di melma e rovi che ci hanno messo davanti. Otre ad un buon lavoro chitarristico, con riff sempre ispirati ed inseriti al momento giusto (per quanto semplici), notevole è la prestazione del batterista che spinge sempre con groove e varietà per fare uscire la band dal fango.
Se vi piacciono sonorità extreme doom, lo sludge o certo stoner più bastardo qui sicuramente troverete tanta roba buona. Per chi invece non è avvezzo a questo tipo di pratiche sonore, consiglio di provare.
All'inizio fa un po' male, ma se piace dà tanta soddisfazione.
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