Quando la voglia di rock’n’roll chiama durante l’estate torrida è il caso di darle ascolto.
Poi, se consideriamo il tempo da schifo che abbiamo avuto qui in Italia dallo scorso ottobre fino a maggio, beh, direi che c’è bisogno di qualcosa di veramente tosto e ben fatto per ringalluzzire lo spirito sopito e trovare la nuova grinta necessaria per godersi appieno le giornate estive.
Fortuna vuole che sia uscito quest’ultimo lavoro degli
Watertank, gruppo francese che, sebbene attivo da ormai un’intera decade, risulta relativamente fresco in quanto a numero d’uscite, trattandosi questo del primo vero e proprio full length, e il cui sound non può che essere l’ideale per questo contesto.
Prendete il riffing massiccio e granitico di tipica matrice sludge, quello figlio dei Corrosion of Conformity, tanto per intenderci, aggiungeteci un pizzico di scioltezza da stoner rock e miscelate il tutto con una spiccata vena melodica che richiama, specialmente per quanto riguarda le linee vocali, gruppi come i Torche; il tutto condito con un sentore di rock americano a-la-Foo Fighters e guarnito con una produzione tritatutto, forte di suoni diretti, saturi e potenti che non fanno altro che aumentare la goduria dell’ascolto.
La ricetta, detta così, potrebbe parere un po’ sbilanciata, fondendo elementi di una certa pesantezza con un gusto compositivo che non perde mai di vista l’immediatezza, ma, nell’insieme, il risultato è davvero succulento e il sound degli Watertank strizza l’occhio all’ascoltatore in maniera quasi pop, tanto da risultare efficacemente “ruffiano”, messo lì a bella posta per farci restare ancor più volentieri in mezzo alla graniticità sonora del contesto. Attenzione, non siamo di fronte né ad un disco estremo in senso stretto né tantomeno all’ultima uscita di Ligabue; si sta semplicemente parlando di un gruppo metal che suona con attitudine spiccatamente rock e che sa come farsi ascoltare tramite la melodia.
Questa commistione di sonorità, attitudini e ingredienti diventa immediatamente comprensibile sin dai primi pezzi ascoltati; le composizioni sono brevi, dirette, d’impatto e si stampano dritte in mente, come l’opener Where It All Begins, o le succesive Giant Heads e Pro Cooks, che forniscono un ottimo trampolino di lancio al disco, impostando da subito un livello di confidenza alto con l’ascoltatore: piede a tavoletta sull’acceleratore, ritmi sostenuti, riff trascinati, linee vocali efficaci e catchy. Fear Over The City, invece, sorprende mostrando un lato più appesantito e quasi noise degli Watertank, che ben introduce per contrasto le sospensioni ritmiche di Ants In Suits, pezzo più elaborato ritmicamente ma dalla struttura sempre di facile e immediata assimilazione. Dopo la rocciosa Off The Radar, Far From Low ristabilisce un ordine sonoro ad altissima godibilità, che conduce dritto dritto alla stupenda title track Sleepwalk e ai suoi repentini cambi di dinamica, nei quali si possono assaggiare meglio le reminiscenze sludge dei francesi. Da qui parte la sezione conclusiva dell’album, che, dapprima, si incupisce con Holy Tranquillizer e How Fast, per poi esplodere con Sharp Beaks Strike Back, una piccola perla dalle atmosfere solari e cantabili. La conclusiva Six Days, unico pezzo del disco sopra i 4 minuti, rimarca nuovamente un’abilità compositiva attenta alla dinamica, capace di sorprendere pur restando semplice ed essenziale.
Se avete bisogno di un’iniezione di adrenalina, di una bella colonna sonora rock per la vostra estate, senza però rinunciare mai alle sane scapocciate e ad una struttura sonora sostenuta e possente, non aspettate un secondo a far vostro quest’album, non ne rimarrete delusi e non se n’andrà facilmente dalla vostra autoradio o dal vostro lettore, nemmeno dopo la fine dell’estate.
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