Può una band americana partire suonando punk/hardcore, arrivare al crust, per poi spingersi talmente oltre da proporre death metal svedese?
Sembra di si.
Questa in sintesi l'evoluzione musicale dei
Mammoth Grinder, nati nel 2006 e giunti oggi al terzo album, in mezzo, come da tradizione, tanti EP e split con altre band.
I ragazzi se la cavano e lungo le 10 tracce di
Underworlds ci propongono un mix metallico a base di
Venom, Celtic Frost, Darkthrone e tanta roba swedish come
Entombed, Unleashed, Dismember e relativo sound "motosega". L'altra componente fondamentale dei
Mammoth Grinder, il crust, ha influenze da andare a ricercare in gruppi come
Amebix e soprattutto
Wolfbrigade.
Come avrete capito di "grind" in senso stretto, a dispetto del nome che portano, questi americani non hanno nulla, se non l'attitudine underground.
Tutte le canzoni hanno una durata breve, attorno ai 3 minuti, ma il quartetto ha ugualmente il tempo per renderle abbastanza varie e, sebbene non raggiungano mai velocità siderali, possiamo assistere a breakdown, ripartenze e passaggi rallentati tipici dello sludge. Alcune sono particolarmente riuscite come
Cogs in the machine dall'incedere tipicamente
Entombed, altre invece troppo monotone come
Born in a bag che annoiano nonostante lo scarso minutaggio.
Che dire? Ogni tanto c'è bisogno di spararsi qualcosa di carico e ignorante senza star troppo a pensare a melodie o passaggi di fino e questi
Mammoth Grinder possono essere un'alternativa ai nomi citati sopra. Dall'altra parte, va detto, che non inventano assolutamente nulla, perciò chi ha voglia di qualcosa di fresco qui troverà solo muffa e vermi.
Il voto è un ideale punto d'incontro delle due situazioni.
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