Ammetto che non avevo minimamente idea di chi fossero questi
Rancor prima di ascoltare “Dark future”, e devo dire che sono rimasto piacevolmente colpito dalla loro proposta. Se è vero che il loro thrash metal è certamente derivativo e strizza l’occhio pesantemente alla scena americana, Overkill su tutti, è altrettanto vero che se volete passare 3/4 d’ora in spensieratezza, questo secondo album dei madrileni può fare al caso vostro.
Niente di che, chiariamo, però i brani sono accattivanti, gli arrangiamenti colpiscono nel segno, e alla lunga l’ascolto non stanca affatto, quindi già questo mi sembra un buon punto di partenza. È ovvio che in un genere come il thrash in cui è già stato scritto e ascoltato di tutto e di più è inutile cercare di trovare qualcosa di sorprendente, specialmente da una band alla sua seconda uscita ufficiale.
I Rancor, però, pur restando entro i canoni del genere, riescono a variare sufficientemente la proposta, evitando di limitarsi a tritare tutto senza un minimo di intelligenza e dimostrando, invece, di avere un’ottima padronanza compositiva. Infatti i rallentamenti e le soluzioni ‘diverse’ che di tanto in tanto sbucano fuori, unite alle melodie partorite sapientemente dai due chitarristi, fanno sì che i brani ti restino in testa fin dal primo ascolto.
Se aggiungiamo un’ottima prova dei singoli, specie del singer Dani che riesce a personalizzare a dovere le melodie vocali, il gioco è fatto, grazie anche ad una produzione a metà tra sonorità degne dei giorni che stiamo vivendo, e suoni più retrò, con un risultato potente ma nitido al tempo stesso.
Insomma, in un momento storico in cui le band thrash con la voglia di riportare in auge un periodo ormai lontano spuntano come funghi, è bene fare una cernita, e dare qualche possibilità in più a chi davvero prova a fare del proprio meglio, e i Rancor sicuramente rientrano in questa ristretta schiera. E pensare che sono spagnoli, non proprio una fucina di incredibili talenti, storicamente parlando… e invece… mi hanno positivamente stupito, facendomi ricredere e mettere da parte i pregiudizi…
“Deaf people”, la titletrack, oppure “Chaos of life” e la opener “The last drop of blood” sono esempi di un dischetto onesto che fa ben sperare per il prosieguo della carriera dei madrileni, che col prossimo e terzo album saranno attesi al varco per la classica prova del nove che attende ogni band. Se le premesse sono queste, sono più che sicuro di non rimanere deluso.
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