Che mazzata l’esordio discografico di questa band statunitense!
Perdonate l’introduzione tanto prosaica quanto asciutta, ma qui c’è davvero poco da argomentare, spiegare, contestualizzare: sappiate semplicemente, cari lettori, che grazie agli
Extinction Protocol potremo soddisfare appieno la nostra bramosia di estremo.
Le nove canzoni che compongono il platter, nessuna delle quali supera i cinque minuti di durata, mi hanno conquistato da subito grazie alla rovente colata di death metal di matrice americana che hanno saputo riversare nei miei condotti uditivi. Death metal che, pur rimanendo nei solchi della tradizione, sfocia spesso e volentieri in un brutal ferale e ultratecnico al tempo stesso, splendidamente rappresentato dall’opener
The Merging of the Titans, che dopo dieci secondi di ascolto mi aveva già stampato un sorriso ebete sul volto. Non da meno il secondo brano in scaletta,
As Life Turns to Ash, addirittura capace di evocare reminiscenze dei migliori
Cannibal Corpse. Trovo che proprio loro, assieme ad acts quali
Deicide (periodo
Legion) e
Morbid Angel, possano venir considerati gli ideali mentori dei nostri quattro macellai sonici, come dimostrato altresì dalle notevoli
Heir to an Apocalypse e
Arrival of the Black Sun.
Al di là dei singoli pezzi, paiono davvero numerosi gli spunti vincenti di cui
Aeonic Obliteration può fregiarsi: in primis, va lodata la perizia strumentale che emerge con prepotenza dalle composizioni, tanto più impressionante se consideriamo la giovane età dei membri della band. La produzione, davvero ottima, garantisce la massima resa all'assalto fonico. Carucce anche le lyrics che, come il nome del gruppo suggerisce, s’intrattengono spesso e volentieri su cataclismi geologici, apocalissi e disastri assortiti.
Tutto fantastico, dunque? E allora, perché mai non introdurre questo Aeonic Obliteration nell’elitaria cerchia dei Top Album di Metal.it?
Ve lo spiego subito: perché qualche ingenuità i nostri la denunciano ancora. Porto alcuni esempi: anche in considerazione della tecnica mostruosa dei musicisti, perché non inserire qualche guitar solo, magari breve e lancinante, in grado di spezzare il ritmo e stagliarsi dal marasma sonoro?
Il che ci conduce dritti al secondo correttivo da apportare: i pezzi, presi singolarmente, sono tutti validissimi, brutalissimi etc., ma l’album nel suo complesso soffre di eccessiva uniformità compositiva. Difetto assolutamente perdonabile trattandosi di opera prima; tuttavia, in futuro auspico un minimo di personalità e voglia di osare in più.
Nemmeno l’approccio vocale può ritenersi esente da profili di critica: il buon singer Erik, in effetti, si destreggia fra due differenti stili di growling, che alterna di continuo all’interno dei brani. Quello più aperto (si fa per dire) appare convincente per potenza e cattiveria; quello più gutturale, purtroppo, non funziona altrettanto bene, risultando talmente forzato da suonare quasi parodistico (si ascolti l’interpretazione in
Engineering the Nemesis per chiarimenti).
Da ultimo, mi permetto una piccola nota estetica: l’artwork di copertina, a mio modo di vedere, oltre a risultare scadente sotto il profilo squisitamente artistico, non riesce in alcun modo a rappresentare la malvagità che, invece, tracima letteralmente dai solchi del cd.
Nonostante i motivi di doglianza sopra svolti il voto resta comunque molto alto, perché la band proveniente dalla Pennsylvania ci sa fare eccome. Già ora gli
Extinction Protocol sono una realtà di tutto rispetto, e il loro debut merita perlomeno l’attenzione di ogni appassionato del genere che si rispetti. Se poi sapranno limare alcune imperfezioni, credo che potremo presto contare su un nuovo mostro sacro della scena death metal a stelle e strisce. In bocca al lupo...