“
No frills, no “recording studio” extras: Badmotorfinger is a live band and its members wanted to recreate that “live” atmosphere on the album. […]”
Non sempre le schede di presentazione promozionale delle uscite discografiche sono uno specchio fedele del loro reale contenuto, tuttavia, nel caso decideste di concedere una
chance d’ascolto a questo “It's not the end”, debutto ufficiale sulla lunga distanza dei succitati
hard-rockers bolognesi, difficilmente penso che avrete modo di contestare tale dichiarazione “d’intenti”.
Si tratta di un disco effettivamente molto schietto e diretto, che fa dell’energia e della
verve melodica, elargite in dosi adeguate ed equilibrate, le sue caratteristiche principali, non preoccupandosi troppo del “valore artistico” del prodotto e puntando essenzialmente agli istantanei effetti sensoriali della questione.
Questo non significa per forza scadere nella banalità più becera o nell’abuso indiscriminato di
cliché e ciononostante è davvero arduo riscontrare particolari “novità” nel suono dei nostri, alla fine indicativamente ascrivibile ad una sorta d’interpolazione
ragionata tra il tiro dell’immancabile
NWOBHM, il
groove dei Metallica (specialmente quelli dei
nineties …) e l’attitudine sanguigna e incendiaria dei Motorhead, non a caso qui omaggiati con un’efficace trascrizione del loro
anthem “Rock ‘n’ roll”.
Con i Badmotorfinger sarà piuttosto semplice, dunque, ricreare “virtualmente” nella vostra personale “stanza dello stereo” (oppure direttamente nella vostra “testa” tramite gli auricolari degli
Ipod o di
diavolerie similari …) la classica atmosfera
sudata ed
euforica da “concerto rock”, la cui materializzazione si rivela particolarmente consistente e appagante in pezzi come “Ghost”, “Loser”, “Nightmares”, “Brand new day” (
featuring Luigi “Sange” Sangermano dei Sange:Main:Machine) e “Rebel”, momenti piuttosto riusciti e coinvolgenti, pur se immersi nel rigore stilistico di una proposta formalmente priva di stravolgimenti.
I pregi e limiti della musica di “It's not the end” sono pertanto abbastanza evidenti: la formula funziona discretamente, una volta trasposta in un contesto davvero “dal vivo” potrà addirittura arrivare a galvanizzare l’astante, ma obiettivamente non credo si possa considerare l’
album qualcosa di più di un piacevole e un po’ effimero intrattenimento, verosimilmente destinato a “confondersi” nel marasma dell’offerta discografica attuale.
Non rimane che decidere se ci si può “accontentare”, e questo vale soprattutto per gli stessi Badmotorfinger, i quali, a mio modo di vedere e “sentire” le cose, avrebbero i mezzi, preservando la vitalità attuale, per ambire ad una maggiore distinzione e quindi a risultati artisticamente “superiori” … che quel “non è la fine” si riferisca (pure) al loro percorso evolutivo? Speriamolo.
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