Con un
monicker del genere sarà improbabile che gli svedesi
Vietcong Pornsürfers passino inosservati, ma quello che ci interessa veramente è poi valutare se dietro ad una denominazione tanto
bizzarra sia possibile individuare anche una certa consistenza espressiva, in un settore, quello del
punk n’ sleaze rock di stampo scandinavo, ampiamente inflazionato.
L’ascolto di “We spread diseases” fornisce risultati contrastanti … da un lato una bella energia e un’adeguata miscellanea di sfrontatezza, seduzione e vizio, dall’altra un
songwriting spesso leggermente calligrafico e oltremodo superficiale, che rischia di arginare le possibilità di affermazione del pur agguerrito quartetto.
Non si tratta di un (esclusivo) problema di “dejà entendu”, in un contesto stilistico dai confini alquanto circoscritti, quello che non convince del tutto è proprio la qualità delle “canzoni”, esplosiva e veramente traente solo in “Dead track”, “First high”, “The best song”, ”Just another crime” (gran bel pezzo!) e nel vibrante ardore
garage punk di “Don’t look back”, mentre altrove il programma si affida ad una routine tanto piacevole quanto epidermica.
I Vietcong Pornsürfers sono un buon gruppo, tecnicamente e attitudinalmente valido in tutti gli effettivi (con una menzione speciale per lo scorbutico
vocalist Tom K, capace pure di tenebrose sfumature timbriche di retaggio vagamente Idol / Danzig-
iano …) e tuttavia i loro dichiarati numi tutelari Gluecifer, Deadboys e Iggy & The Stooges (a cui aggiungiamo Backyard Babies, The Hellacopters, Danko Jones e magari pure qualcosa dei Social Distortion e dei Misfits …) rimangono per il momento ancora
abbastanza distanti, per un “contagio” dagli effetti tutto sommato piuttosto contenuti.
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