Lo sapevo che sarebbero tornati con un album a dir poco strabiliante, carico, denso, emozionante e ricco di energia. Lo sapevo che prima o poi i Lake Of Tears avrebbero dato fuoco alle polveri, allontanandosi dalla mediocrità dell’ultimo ‘The Neonai’, per ritornare a splendere in tutta la loro grandezza. Così, dopo tre anni di pausa, in cui i nostri svedesoni hanno staccato la spina, mettendo in formalina la band, ora sono tornati più in forma che mai. Accompagnato da una produzione magnifica, ‘Black Brick Road’ alla fine è un album semplice, diretto, ma dannatamente profondo, in cui gli impasti ’70 (oramai trade mark di Brennare e soci) e le dilatate, dolci e classiche atmosfere che hanno reso grandi e celebri i Pink Floyd, si incastrano perfettamente in un suono gotico, molto Rock e granitico (ottimo, ancora una volta, la ricerca del suono della sei corde, figlio del miglior Iommi di annata), pur rimanendo sempre su mid o slow tempi. Come già accennato, ‘Black Brick Road’ si ascolta e si assimila con una facilità disarmante, rimanendo in testa per molto tempo, non per questo tralasciando però lo spessore e le emozioni che ogni singola canzone è in grado di offrire. La monumentale opener ‘The Greymen’ piazza subito il primo colpo… un mid tempo che ti fa muovere, danzare, saltare, piangere e sorridere… sentimenti ripresi dalla seguente ‘Making Evenings’, anche se i contorni si fanno nettamente più oscuri e più introversi. Se non sapessi che questi sono i Lake Of Tears, la titletrack ‘Black Brick Road’ la potrei quasi scambiare per un brano di Mark Lenagan, tanto ne è pregna di poesia e di affascinante decadenza, ma poi ‘Dystopia’ riporta in alto l’energia, segnando un ulteriore passo verso lidi Gothic Rock, in cui un chorus ultratrascinate la fa da padrone (in versione live questo brano sarà sicuramente un must). L’immancabile, puro tributo alla band di Roger Waters e Gilmour arriva con ‘The Organ’, talmente Pink Floyd che neanche i veri Pink Floyd oggi riuscirebbero a realizzarla! ‘A Trip With The Moon’ rispolvera la magia di ‘Raistlin And A Rose’, con quel suo incedere lievemente skaeggiante, per poi esplodere in un chorus che ti rimane dentro e che ti spinge a riascoltare la canzone ancora, ed ancora. Lo splendore comunque non cessa, e prima ‘Sister Sinister’, canzone coadiuvata dalla voce femminile suadente e sensuale di Stina Rebelius, in cui tutto l’amore per il Rock/Pop al femminile in stile anni ’80 viene a galla, irrompe per creare una canzone decisamente bizzarra ma di grande fascino e di grande tiro (subito mi è venuta in mente Blondie…), poi ‘Rainy Day Away’, incentrata sulla drammaticità e la conclusiva ‘Crazyman’ (wow, mi sembra di risentire i Cathedral del periodo di ‘Carnival Bizarre’) completano un album imperdibile, magico e pieno di spunti interessanti. La parola che ancora manca a questa recensione è groove: sappiate che ‘Black Brick Road’ ne è fottutamente, costantemente pieno. Lo sapevo che i Lake Of Tears sarebbero tornati con la magnificenza e la bellezza della Fenice. Il lago di lacrime è di nuovo pieno, ed abbeverarmene me ne risulta dolce. Splendido.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?