Promo della durata di 15 minuti circa per gli esordienti
Forlorn Chambers, rispetto ai quali mi vedo costretto a contravvenire agli usuali oneri di contestualizzazione preliminare. Della band, d'altra parte, si conosce solo la provenienza (Tampere, Finlandia); il resto, compresa l’identità dei musicisti coinvolti, è stato scientemente celato.
Se da un lato simile pratica, sempre più in voga negli ultimi anni, comincia senz’altro a rompere gli zebedei, dall’altro riesce comunque ad avvolgere in un fosco alone di inconoscibilità il cd in questione; il che, considerata la proposta musicale dei nostri (o del nostro, qualora si trattasse di one man band), non può che giovare alla causa.
In effetti, i
Forlorn Chambers propongono un black metal misterioso, particolare, piuttosto difficile da inquadrare. Il mood delle composizioni, la loro struttura e le disperate lyrics spingono l’ascoltatore verso la tetra malinconia propria del depressive (senza mai, tuttavia, abbracciarne
in toto le sonorità, che rimangono più classiche); al tempo stesso, l’esecuzione strumentale è sempre vigorosa e possente, presentando più di un punto di contatto col death nordeuropeo; a tutto ciò aggiungerei un pizzico di gothic/doom. Il riuscito mélange conduce a un sound forse ancora perfettibile, ma terribilmente affascinante, in una sorta di cupa unione tra
Dissection,
Shining e primi
Katatonia.
La title track che apre le danze è il brano più violento dei tre, ma non rinuncia per questo a dispensare quel feeling di livida desolazione che individuerei come vero marchio distintivo dei
Forlorn Chambers. Buona opener.
Si sale di livello con la successiva
And We Hail the Ones Who Fall: azzeccato il fugace coro in clean, davvero evocative le melodie chitarristiche.
Ho molto apprezzato anche l’ultima
Desolate Resolution, dove il black concede spazio ad atmosfere doomeggianti e in cui fanno bella mostra di sé i pregevoli fraseggi del bassista (circostanza piuttosto inusuale nel contesto in cui ci muoviamo).
I suoni sono tutto sommato buoni, riuscendo a mantenersi grezzi e nitidi al tempo stesso; dove la produzione pecca, a mio avviso, è nelle vocals, slegate dal resto e registrate in modo troppo asciutto.
Al di là degli aspetti tecnici, è proprio il growling del singer ignoto a costituire il maggior limite di
Unborn and Hollow: oltre a risultare piuttosto monocorde, possiede una qualità cavernosa del tutto inappropriata al sound della band. Qualcosa di più tagliente e sottile, vicino allo screaming, avrebbe condotto senza dubbio a esiti migliori.
Questo breve assaggio, devo dirlo, mi ha comunque lasciato un’impressione più che positiva, fomentando la mia curiosità per le prossime uscite della band. Al di là di qualche piccolo dettaglio da limare, la strada è quella giusta; mi congratulo quindi coi musicisti sconosciuti che prestano i loro servigi ai
Forlorn Chambers.
Continuate così, chiunque voi siate.
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