Quattro brani per ribadire il valore superiore dei
The Lotus, già emerso in modo lampante ai tempi del loro “Forgotten silence” e oggi consolidato ed ampliato in diciannove minuti di (
selezionatissime) note semplicemente entusiasmanti.
Quattro brani per fornire una “speranza” a quei
musicofili che credono ancora nel potere creativo del
rock alternativo ad ampio spettro, quello definito anche
post-prog e di rado, poi, davvero degno di un prefisso che dovrebbe garantire “innovazione” e originalità.
Quattro brani per tentare di cogliere le numerose influenze (Porcupine Tree, Anathema, Dream Theater, Pain Of Salvation, Muse, Metallica, …) del gruppo e subito dopo rendersi conto di quanto esse siano state perfettamente metabolizzate e assimilate, proprio come si confà ad artisti intelligenti e ambiziosi, convinti di poter “dare” qualcosa di proprio ad un mondo dove l’omologazione e l’abulia ispirativa rappresentano troppo spesso una
perversa consuetudine.
Forse si potrebbe addirittura concludere qui la disamina di “Tomorrow”, un dischetto veramente coinvolgente e appassionante, ma ritengo necessario sottolineare ulteriormente la crescita di questo
outfit italiano dalla caratura assolutamente internazionale, la sua capacita di bilanciare inquietudine, tecnica, estro, energia e gusto estetico senza perdere di lucidità, ostentando un approccio compositivo variegato e incisivo che difficilmente potrà lasciare impassibili anche i più attenti ed esigenti estimatori del settore.
Mixato e masterizzato da Simone Mularoni dei DGM e prodotto dagli stessi The Lotus, l’
Ep suona come un’autentica bomba di tensione emotiva, tra brillanti esperimenti
electro-pomp-prog-metal (“Tomorrow”), forme altamente evocative e catartiche di
alternative (“Bullet-proof heart”), eclettiche e contagiose contaminazioni (“Why are still we living in the yesterdays?” … una sorta di
jam tra Styx, Savatage, Muse e Black Sabbath … praticamente irresistibile …) e oscure e melodrammatiche suggestioni sensoriali (“No more chains”, un gioiellino in grado di mettere d’accordo in un colpo solo i
fans di Bellamy, Gildenlow e Steven Wilson …), il tutto con una sicurezza, una classe e una fluidità raramente così fulgide in una formazione “emergente”.
Solo quattro brani … e tuttavia la consapevolezza che di
band come queste,
geneticamente incapaci di adagiarsi sulle loro pur solide referenze, abbiamo sempre di più un “disperato” bisogno.
Grazie, The Lotus … e ora “sotto” con un altro
full-length,
magari con un (sacrosanto) patrocinio di prestigio.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?