Quando si parla di death metal nudo, crudo e dritto in faccia, non si può far a meno di citare un gruppo come gli Exhumed. Ripercorrendo brevemente la loro carriera ed escludendo il passo falso che risponde al nome di Garbage Daze Re-Regurgitated, album di cover tanto inutile quanto di dubbio gusto, si nota come la band abbia costantemente cercato di far evolvere e affinare il proprio sound partendo da un puro assalto sonoro istintivo e grezzo fino ad arrivare all’ottimo All Guts, No Glory di due anni fa. Quest’ultimo punto d’arrivo, rappresenta senz’ombra di dubbio un gran bell’esempio di come si possa, ai giorni nostri, riprendere delle formule consolidate da due buoni decenni di musica estrema e proporle tirate a lustro con una sana dose di coerenza che le possa contestualizzare nelle sonorità più contemporanee; tutto questo senza però rinunciare alla concretezza e alla genuinità di una proposta musicale che viene portata avanti da quasi vent’anni anni di lavori in studio.
Le aspettative per Necrocracy erano dunque abbastanza alte e va subito detto che, a livello compositivo e di qualità oggettiva dei pezzi, l’album non delude affatto, ponendosi come onestissimo successore dello sviluppo di All Guts, No Glory.
La gestione della sezione ritmica è brillante senza mai risultare sovrabbondante o forzatamente funambolica, alternando fin da subito, con l’opener Coins Upon The Eyes, sezioni puramente death-grind a base di blast beat a parti più thrash che permettono di percepire un certo gusto retro senza però scadere nella pura celebrazione dei bei tempi andati.
Il lavoro di chitarra di Matt Harvey e Bud Burke è impeccabile, perfettamente in linea con lo stile della band, alternando riff ben sostenuti e cadenzati ad assoli in cui la melodia la fa sempre da padrona, tradendo, com’è giusto che sia, una mai negata devozione per i Carcass di Heartwork, passione particolarmente percepibile nella title track e nella successiva, ottima, Dysmorphic, sicuramente due delle tracce più incisive e meglio scritte di un album di standard comunque elevato.
Vocalmente non ci sono grosse novità, si ripropone il cliché del genere con un growl acido e urlato alternato ad uno più profondo e gutturale, senza che però quest’accoppiata risulti mai stancante o invasiva nel tessuto musicale dei brani. I testi, come da tradizione Exhumed, non sono semplici elenchi di malanni e altre poco piacevoli situazioni al limite della paranoia medica, ma usano il campo truculento e morboso come una continua allegoria che riflette sul vissuto quotidiano, (senza troppe pretese filosofeggianti, sia chiaro, stiamo comunque parlando di un disco death metal, non di un’opera di sociologia).
A voler essere pignoli, sebbene Necrocracy sia effettivamente un disco solidissimo, ben scritto e ben suonato, si sente la mancanza di quella forma, magari un po’ meno levigata ma sicuramente più diretta e figlia dei vecchi lavori del gruppo che aveva giocato un ruolo vincente nel precedente album, rendendo ogni canzone di All Guts, No Glory un surrogato di potenza e immediatezza. La sensazione è quella che si sian voluti mettere un po’ d’ordine e di pulizia, senza mai per questo snaturare il suono caratteristico degli Exhumed, sia ben chiaro, ma se da una parte si può ascoltare un album davvero ben scritto, curato e prodotto, ogni tanto manca quella furia cieca e quel briciolo di caos in più che son sempre stati assi nella manica per il gruppo sin dai suoi primi lavori.
Un gran disco di metal estremo di classe, che non delude affatto, anzi, apre ad ascolti sicuramente più al di fuori della nicchia del gore-death semplicemente ripulendo il songwriting e la produzione da un po’ delle frattaglie ammassate da anni di onorata macelleria sonora.