Cinque anni di assenza non sono pochi nel panorama musicale odierno fatto di "consuma e butta via". Ma i
Deeds of Flesh hanno un ottima scusa: sono stati rapiti dagli alieni. La band che oggi torna alla luce con
Portals to Canaan è una band nuova, con un suono riveduto e con liriche che trattano di mondi sconosciuti, alieni e porte spazio temporali.
Dopo essere entrati in questa nuova dimensione, grazie anche alla spaziale copertina, ci accorgiamo che i Nostri hanno spostato ancora più in sù l'asticella della tecnica e modificato in parte la composizione dei loro brani, andando a completare il percorso iniziato col precedente
Of What's to Come. Poco è rimasto infatti di (capo)lavori come
Inbreeding the Anthropophagi,
Trading Pieces o
Reduced to Ashes, più legati ad un classico brutal-death metal americano solo in parte tecnico, anche a causa di un drastico cambio di formazione il cui unico superstite è
Lindmark. Chi si aggiunge alla partita sono il bassista
Erlend Caspersen (direttamente dagli
Spawn of Possession) e il duo
Craig Peters/Ivan Munguia di provenienza
Brain Drill e
Arkaik, gente che sa suonare insomma.
I
Deeds of Flash di oggi sono una band che suona ottimamente ma che sposta la bussola verso formazioni come
Necrophagist, Obscura, Cephalic Carnage e compagnia, una compagine che ultimamente si sta ampliando parecchio. Attenzione, non dico che stanno copiando i succitati gruppi, è solo per fare capire la deriva tech-death intrapresa dai
Deeds.
Grandi quantità di riff fotti-cervello, soluzioni a volte leggermente melodiche e una sana ed abbondante dose di brutalità, il tutto sorretto da una batteria tritaossa che lancia dei colpi proibiti da lacerarti la pelle. Perfetto per il genere proposto il mixing, che risulta pulitissimo e ultra-potente, con ogni strumento al posto giusto. Servono diversi ascolti per entrare nei meandri di questo disco e coglierne le mille sfumature, capire i passaggi schizofrenici e le strutture intricate, ma vi assicuro che è una goduria farvi fumare la testa in questo modo. Ad un primo impatto infatti non nascondo che sembri una badilata informe di riff, assoli e smitragliate varie, in parte distante da un brutal più "canonico" proposto fino a
Crown of Souls, ma se gli date tempo vedrete che merita. A metà album è stata intelligentemente inserita la traccia "
Caelum Hirundines Terra / The Sky Swallows the Earth" che altro non è che un breve intermezzo strumentale, che sembra rubato a un film sci-fi, ma serve a restare dentro al "mondo alieno" in cui si muovono i
Deeds e dare un attimo di respiro. Questi effetti vengono anche applicati ad altre tracce come ad esempio
Hollow human husks, andando a cucire la brutalità musicale con il tema delle liriche.
Quando il viaggio finisce e scendiamo dall'astronave, viene da chiedersi se sia dunque un male questo cambiamento/evoluzione di stile. Non necessariamente. La qualità è altissima e la cattiveria, come detto, è sempre presente, solo incanalata in modo differente. Ce ne fossero di dischi composti e realizzati in questo modo. Senza scordarci che questi americani, in vent'anni di carriera, hanno sempre modificato qualcosa tra un album e l'altro, rimanendo costantemente su livelli altissimi, mica roba da tutti.