Inutile negarlo. Quando nelle biografie dei gruppi leggo i nomi di Dream Theater e Pain Of Salvation (in questo caso citati assieme agli Angra) nel ruolo di principali modelli ispiratori della situazione, il mio innato
scetticismo emerge in maniera praticamente inconsapevole, ricordando quante sono le formazioni che hanno trasformato tale forma di devozione, di per sé nobile e assolutamente condivisibile, in un atteggiamento imitativo ineluttabilmente fallimentare.
E’ ancora più appagante, quindi, scoprire, alla prova dei fatti, che i suddetti numi tutelari sono stati effettivamente solo dei “buoni maestri” e che i loro fondamentali precetti sono stati funzionali alla realizzazione di un prodotto intelligentemente influenzato da tali seminali magisteri, senza sterili tentativi riproduttivi.
E’ il caso di questo “Every shape and size”, un disco assai coinvolgente e avvincente, il quale colloca i suoi artefici, i romagnoli
Silver Lake, tra i migliori seguaci del
prog-metal di stampo prettamente “classico” (quello privo, cioè, di palesi velleità
alternative …), capaci d’interpretare al meglio i dettami dei capiscuola del genere (a quelli già menzionati, immortalati soprattutto nei primi periodi della loro esistenza artistica, aggiungerei anche Queensryche, Shadow Gallery e magari pure qualcosa dei Savatage e di certi Conception) e di trasfigurarli attraverso espressività e creatività proprie.
L’abilità nel saper scrivere “belle canzoni”, piene di
pathos emotivo e di tensione, fa il resto, pur non dimenticando il contributo di una capacità tecnica di notevole livello, in grado di tradurre adeguatamente in note tanta vocazione e passionalità.
Alimentate da una spiccata sensibilità melodica, pilotate dalla bella voce volitiva e “calda” di Davide Bertozzi, le strutture armoniche della
band non si dilungano mai in ostiche dissertazioni e puntano dritto alla conquista sensoriale, sfruttando la chitarra fantasiosa e mai straboccante di Giovanni Matichecchia, le tastiere avvolgenti e incisive di Riccardo Fabbri e una sezione ritmica davvero preziosa nel supportare un quadro musicale equilibrato e coerente, oltre che molto soddisfacente.
Piace particolarmente, poi, il gusto con cui sono inserite nel tessuto connettivo del programma le sfumature di natura
pomp /
AOR e come vengono disinvoltamente gestiti i suoi momenti più melodrammatici (in un Cd che si propone di affrontare il dolore e le paure nascoste dentro l’anima di ogni individuo …), sintomi evidenti di un approccio alla materia compositiva maturo e consapevole, molto persuasivo anche in assenza di una “convenzionale” forma di originalità.
Tra sagaci
mix d’intensità e fruibilità (“Hold me close” e “Shaping the scarlet flame”), deliziosi tocchi barocchi (“Guardian demon”), evocative inquietudini (“Basic” e “Dorian”), struggenti e raffinate celebrazioni (“58”, dedicata alla memoria di Marco Simoncelli), vibrante magnetismo (“Escaping from this town” e “Nowhere at all”) e soltanto un paio di circostanze leggermente più prevedibili (l’
opener “Invisible to the eye” e lo strumentale “The illusion”), “Every shape and size”, si dimostra, così, un mosaico sonico complessivamente piuttosto suggestivo, privo di autentiche sfocature o ridondanze, da consigliare vivamente a chi nel settore non cerca (spesso sedicenti) “innovatori”, ma “discepoli” ricchi d’idee, di temperamento, di musicalità e di talento.
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