Capita che un gruppo mi susciti simpatia sin dal nome; nel caso di specie, si può addirittura parlare di amore a prima vista. Eh sì, perché se un gruppo proveniente dal New Hampshire (!) decide di chiamarsi “L’Acqua Sussurra” (bellissimo, tra l’altro) in idioma svedese per omaggiare i grandi gruppi provenienti da quelle fredde terre, mi ha già un po’ conquistato.
Spinto dall’entusiasmo, sono dunque andato a recuperare il loro primo EP, risalente al 2012 e composto di soli tre pezzi. Sin da quella prima prova, il black metal doomeggiante e ad alto tasso emozionale di cui i nostri si fanno alfieri mi ha davvero convinto. E, ciò che più conta, deve aver convinto anche un mostro sacro come la
Century Media, che ha deciso di puntare sul promettente quartetto. Resta ora da scoprire se la fiducia accordata ai
Vattnet Viskar da parte della storica label sia stata premiata dal full length d’esordio, suggestivamente intitolato
Sky Swallower.
Ebbene: l’opinione del sottoscritto, per quel che può valere, è che l’investimento sia stato a dir poco lungimirante! Certo, qualcosa è cambiato nel sound dei nostri, che sono riusciti ad affinare la loro proposta senza snaturarla, inglobando ancor più le influenze post-metal già percepibili nel sopracitato EP e battendo con significativa frequenza il percorso dell’introspezione. Sono davvero numerosi, in effetti, i passaggi strumentali raccolti, sommessi, in cui la cupa amarezza che riveste l’intero lavoro raggiunge picchi d’intensità ragguardevoli. Simili momenti, con ogni probabilità reminiscenti della lezione impartita dai grandi
Altar of Plagues (che mi mancano già), riescono oltretutto a donare alle porzioni più violente il risalto che meritano.
A tal proposito, sia ben chiaro che la matrice black metal dei
Vattnet Viskar è tutt’altro che scomparsa, e per ottenere rassicurazioni è sufficiente soffermarsi sul venefico attacco dell’opener
New Alchemy. Semplicemente, in sede di songwriting si è deciso di puntare forte sulla continua alternanza fra fasi violente e riflessive. Anche se in alcuni frangenti si eccede un pelo con queste ultime, la scelta ha senz'altro pagato.
Parlando di canzoni, impossibile non citare la liquida disperazione che trasuda dalle note di
Fog of Apathy e l’epico crescendo di
Mythos, pezzi stupendi quanto articolati, cui fanno da contraltare brevi interludi colmi di malinconia quali
Monarch,
Ascend o
As I Stared Into the Sky.
Per concludere: ai miei occhi (e alle mie orecchie) appare evidente come, se si discute di metal estremo evoluto, gli Stati Uniti si stiano rivelando sempre più preziosa fucina di giovani talenti. Anche prescindendo dal moniker di matrice scandinava, non credo si possa negare ai
Vattnet Viskar un posto d’onore al fianco di elettrizzanti realtà underground a stelle e strisce quali
Woe,
Secrets of the Sky,
Anagnorisis,
In the Silence,
Aevangelist e tanti altri. Piccole band crescono.
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