Copertina 6

Info

Anno di uscita:2013
Durata:55 min.
Etichetta:AFM Records

Tracklist

  1. HAIL TO HIS MAJESTY
  2. PUNCH IN THE FACE
  3. PERMAWAR
  4. PERFECT STORM
  5. FAIRLY UNBALANCED
  6. THE HORROR
  7. SIDE FX INCLUDE MIKEY'S MIDDLE FINGER (T.V.4)
  8. LESSON UNLEARNED
  9. THANX BUT NO THANX
  10. CHANGE OF LUCK
  11. ENJOY THE SILENCE

Line up

  • Al Jourgensen: vocals, guitar, production, mixing
  • Mike Scaccia: guitar
  • Sin Quirin: guitar
  • Tony Campos: bass
  • Aaron Rossi: drums

Voto medio utenti

“We have never, in the history of Ministry, ever had a tracking session like that before.Everything went so smoothly, it was surreal. And Mikey was so on fire and inspired, and really a driving force for this record. During the tracking sessions, Mikey was smiling and going, 'You know what, Al? This is by far and away the best Ministry album we’ve ever done together. This is awesome.'"
Ecco qui nelle parole del mastermind Al Jourgensen il significato di “From beer to eternity” (titolo alquanto bizzarro, molto Tankard-style), dedicato al compianto Mike Scaccia, storico chitarrista della band, morto pochi giorni dopo la session che darà origine a From Beer To Eternity, durante un concerto dei suoi Rigor Mortis. FBTE è (o almeno dovrebbe essere, visto che anche sia “The last sucker” che “Relapse” dovevano esserlo) l’ultimo disco dei Ministry, e quindi un tributo alla memoria di Scaccia, come appunto dichiarato da
Frutto di una serie di session, è forse questo il limite di FBTE: buona parte delle tracks suonano quasi sempre incomplete, o incoerenti, o ancora troppo confuse. Per quanto mi riguarda, si colloca sopra la sufficienza la prima parte del disco, con il pezzo d’apertura “Hail to his Majesty (Peasants)”, che ben si adatta al ruolo di apripista con il suo crescendo, il singolo “PermaWar” e “Perfect Storm”, e soprattutto “Fairly Unbalanced”, songs rocciose, granitiche.
Purtroppo è tutto qua. Eccezion fatta per “Change of luck”, decisamente il pezzo migliore dell’album, vero tributo all’ecletticità di Scaccia, con il suo riff orientaleggiante e i suoi cambi di tempo, tutto il rimanente sembra una continua accozzaglia di suoni messi insieme in maniera abbastanza incompleta.
Ecco appunto il grande limite di questo album: sembrare (o probabilmente, essere, visto il contesto in cui è nato) un prodotto semilavorato, una sorta di continue jam che mescolano magari buone idee a suoni spesso incoerenti e fuori contesto (“Side FX including Mikey’s middle finger (TV)”), o degli inutili filler (“The horror” e la conclusiva ed inutile “Enjoy the quiet”) o dilata a dismisura gli episodi con soluzioni discutibili risultando alla fine quasi molesta.
Come in ogni album, il contenuto lirico non si discute: dal tema attuale dell'industria della guerra, all'attacco dei media, e ai temi tanto cari a Jourgensen come ipocrisia, capitalismo, avidità; ma la forma di presentazione questa volta non è assolutamente delle migliori. Disco non trascendentale, che sembra (probabilmente in maniera definitiva) mettere la parola fine ad una delle band più importanti del panorama industrial.
Recensione a cura di Marco Angiaz Angileri

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