“La numerazione progressiva degli album è qualcosa che agli
Shining non interessa più” sentenziò spocchioso
Niklas Kvarforth in occasione dell’uscita di
Redefining Darkness. Infatti eccoci qui, pronti per recensire il nuovo lavoro degli svedesi, titolato
8 ½ - Feberdrömmar I Vaket Tillstånd…
Fa niente
Niklas, ti perdoniamo: in primis visto che la coerenza, checché se ne dica, non è mai stata caratteristica primaria dei musicisti metal (basti pensare a tutte le sdegnose dichiarazioni anti-reunion di band che, dopo pochi giorni, posavano felici per celebrare il ritorno della line up originale); in secundis poiché la release in discussione è senz’altro peculiare; ultimo ma non meno importante, ti perdoniamo perché il disco in questione è strepitoso.
Release peculiare, dicevamo: non stiamo in effetti trattando di inediti, bensì di rivisitazioni di pezzi estrapolati da vecchi lavori (i fenomenali
II - Livets Ändhållplats e
III - Angst, Självdestruktivitetens Emissarie). Nello specifico, la band ha utilizzato le registrazioni in pre-produzione originali, aggiungendo ex novo chitarre e basso e condendo il mix con arrangiamenti di tastiera ad opera di
Lars Fredrik Fröslie (
Angst Skvadron e
Ásmegin nel suo curriculum). Ciò che più stuzzica la curiosità, tuttavia, è il fatto che il buon (?)
Niklas abbia deciso di farsi da parte, tanto che potrete udire la sua voce esclusivamente sul brano conclusivo: nelle prime cinque, il discusso singer cede il microfono ad illustri colleghi della scena estrema.
Introdotte per sommi capi le caratteristiche di questo
8 ½ - Feberdrömmar I Vaket Tillstånd, intendo ora liquidare velocemente la questione relativa all’opportunità dell’operazione: va da sé che prodotti di questo tipo facciano storcere il naso a molti puristi, che vi scorgono fini commerciali prim’ancora che artistici. Io non entro nella testa dei musicisti, e non ho modo d’indagare il loro subconscio alla ricerca di certezze circa la genuinità delle intenzioni. Il mio punto di vista è semplice: ben vengano operazioni (forse) volte a raggranellare vil denaro, se conducono a risultati clamorosi come nel caso in esame.
Medesima, sbrigativa sorte toccherà allo stucchevole dibattito che accompagna ogni raccolta, best of, live o simili: la scelta dei pezzi. Ok, mancano senz’altro brani che avrebbero meritato l’inserimento nella tracklist, lo concedo; eppure, a parere dello scrivente, non si può proprio criticare una scaletta composta da canzoni bellissime e rappresentative al tempo stesso. Tanto dovrebbe bastare.
Per accorgervi della qualità del lavoro vi basterà soffermarvi sull’iniziale
Terre Des Anonymes, brano già di per sé meraviglioso (
Fields of Faceless il titolo originale) che risulta vieppiù impreziosito dalla prestazione di
Famine, folle singer dei grandi
Peste Noire: personale, maligna e paranoica la sua performance, che peraltro dimostra una volta ancora quanto insospettabilmente bene si sposi col black metal la lingua di
Baudelaire (e di altri, ma
Charles mi è molto simpatico). Non vorrei bestemmiare (ho smesso anni orsono), ma azzardo: addirittura meglio dell’originale.
Si nota inoltre come gli
Shining abbiano inteso staccarsi drasticamente dalla produzione cristallina dell’ultimo full length, optando al contrario per suoni sporchi, marci, semplicemente cattivi (le splendide linee di basso vi flagelleranno le orecchie!).
Non ritengo che tale scelta sia necessariamente indicativa di un definitivo ritorno alle origini, ma devo comunque ammettere che, pur apprezzando il nuovo corso della band, mi sono rituffato ben volentieri in questo miasmatico magma sonoro.
Torniamo alla tracklist: tocca ora al leggendario
Attila Csihar trattare da par suo
Morda Dig Sjalv… (ribattezzata qui
Szabadulj Meg Önmagadtól). Non c’è nulla da fare: la voce dell’ungherese, per me che son cresciuto ascoltando
De Mysteriis Dom Sathanas, riesce sempre a mettere i brividi. Azzeccatissimo il tappeto di keyboards.
Ottimo lavoro anche da parte di
Pehr Larsson degli
Alfahanne (forse l’interprete meno noto del lotto), cui viene affidata una perla grezza di pura depressione come
Ett Liv Utan Mening. Tutto bello, anche se forse l’originale si fa ancora preferire.
Altro brano ormai storico quello affidato al controverso
Gaahl, ora impegnato con gli ottimi
God Seed ma per anni voce dei
Gorgoroth: la nuova versione di
Selvdestruktivitetens Emissarie saprà senz’altro soddisfare i fan del gruppo, in virtù di un arrangiamento tutto nuovo (si tratta forse del restyling più invasivo del lotto) e della prestazione del singer, la cui voce resta, fra i tanti screamer indistinguibili che affollano la scena, sempre riconoscibile.
Tocca invece a
Maniac, che tutti ricorderete in seno ai
Mayhem e attualmente arruolato in una band denominata
Skitliv (side project di
Niklas), cimentarsi con un personalissimo piezz’e core (si scrive così? Boh…) dal titolo di
Svart Industriell Olycka (qui
Black Industrial Misery). Mio brano preferito degli
Shining e, per quanto mi riguarda, capolavoro assoluto: dai tempi dell’immortale
Jesus’ Tod di
Burzum (
Filosofem-era) le mie orecchie non si posavano su un riff black metal ossessivo, gelido e desolante come questo. Il restauro funziona alla grande, e
Maniac convince col suo tipico timbro acido, riuscendo nell’impresa di non far rimpiangere la prestazione di
Kvarforth su
III - Angst, Självdestruktivitetens Emissarie.
A proposito di
Kvarforth: come anticipato spetta proprio a lui l'ultimo colpo, con quella
Through Corridors of Oppression che gli
Shining proposero in occasione dello split coi
Dolorian del 2003. Avveduta la scelta di chiudere con un brano più cadenzato e d’atmosfera, che funge quasi da outro, concedendo all’ascoltatore un solo e ultimo respiro dopo tanta oppressiva paranoia.
Giungendo finalmente alle conclusioni, posso senz’altro affermare che
8 ½ - Feberdrömmar I Vaket Tillstånd è un album imprescindibile per chiunque cerchi determinate sensazioni dalla musica; un album che vi farà riassaporare quelle atmosfere gravide di malessere, solitudine e disagio che solo gli
Shining, e pochissimi altri, hanno saputo tradurre in note con simile efficacia. Trovo che il voto assegnato, oltre che coerente col titolo (ma è un caso!), sia assolutamente meritato. Anzi, dirò di più: se non si fosse trattato di un lavoro retrospettivo, bensì del nono disco d’inediti del combo svedese, un bel 9 in pagella non gliel’avrebbe levato nessuno (la corrispondenza numerica non c’entra nemmeno stavolta, giuro).
Sarà borioso e arrogante, si sarà sposato in chiesa (io non voglio crederci: per me rimane una delle tante bufale del web), ma
Niklas si conferma una volta ancora un assoluto genio. Del male, s’intende.