Copertina 8,5

Info

Anno di uscita:2013
Durata:130 min.
Etichetta:Inside Out

Tracklist

  1. EFFERVESCENT
  2. TRUE NORTH
  3. LUCKY ANIMALS
  4. PLANET OF THE APES
  5. TRUTH
  6. WAR
  7. PLANET SMASHER
  8. BABYSONG
  9. VAMPOLKA
  10. VAMPIRA
  11. ADDICTED
  12. COLOUR YOUR WORLD
  13. THE GREYS
  14. HYPERDRIVE! (ACOUSTIC)
  15. IH-AH!
  16. WHERE WE BELONG
  17. DETOX
  18. BEND IT LIKE BENDER
  19. LIFE
  20. KINGDOM
  21. JUULAR
  22. LOVE?
  23. WILD COLONIAL BOY
  24. GRACE
  25. LITTLE PIG

Line up

  • Devin Townsend: guitars , vocals, keyboards
  • Anneke Van Giersbergen: vocals
  • Ryan Van Poederooyen: drums
  • Mike Young: bass
  • Dave Young: guitars

Voto medio utenti

“Non c'è maggior consolazione per la mediocrità, del fatto che il genio non sia immortale.” Johann Wolfgang von Goethe, nel suo quarto romanzo Le Affinità Elettive (Die Wahlverwandtschaften il titolo in lingua madre: se riuscite a pronunciarlo siete bravi), enunciò una cupa verità: nemmeno la più illuminata delle menti può sfuggire al gelido abbraccio del Tristo Mietitore. In qualche modo, tuttavia, lo scrittore tedesco seppe fregare i suddetti mediocri, sottraendosi all’oblio del trapasso e garantendosi l’immortalità attraverso libri, poesie e opere teatrali.

Di genio in genio, attraversiamo l’oceano e giungiamo in Canada: Devin Townsend è ancora giovane e, mi auguro, in discreta salute; eppure, dopo tanti anni di prolifica attività, questi decide di tirare le somme, fornendo così uno spaccato quanto più possibile esaustivo dei suoi innumerevoli progetti. L’occasione capita il 27 ottobre 2012, il luogo designato è il Roundhouse, a Londra. Sarà in quella sede che il cantante, chitarrista, tastierista, produttore, songwriter, lyricist (ok, avete capito) originario di Vancouver darà vita a uno show ambizioso e, a suo modo, storico. Uno show da cui è scaturito il live album The Retinal Circus (anche in dvd e blu ray), che mi piace pensare rimarrà scolpito nei secoli quale sempiterna testimonianza di un talento musicale con pochi eguali.

Dopo questa introduzione, pomposa oltre ogni immaginazione, sento l’esigenza di stemperare con qualche asettico dato: 26 brani, 130 minuti di durata, 10 dischi rappresentati. Non posso certo definirmi un estimatore dei live album, ma qui siamo davvero di fronte all’eccezione che conferma la regola. Ogni aspetto di questa release, infatti, appare perfetto, a partire dai profili estetici (artwork e packaging) per giungere a quelli più squisitamente sonori.
La produzione, per iniziare, è ottima: gli strumenti sono ben distinguibili, le voci spiccano alla grande ma l’insieme suona amalgamato e organico. Forse un pelo trascurato il pubblico, del tutto inudibile durante l’esecuzione delle canzoni, ma lascio decidere a ciascuno di voi se ciò costituisca pregio o difetto.
La band, dal canto suo, fornisce una prestazione maiuscola: che Devin sia un chitarrista prodigioso e un grande cantante è assodato, ma vi assicuro che l’intera line up fa un figurone, ivi compresa l’illustre ospite Anneke Van Giersbergen: l’avevamo già capito grazie a Epicloud e Addicted, e qui abbiamo ulteriore conferma che la sua incantevole voce si sposa a meraviglia col repertorio deviniano (perdonate il neologismo).

La tracklist, da ultimo, mantiene una qualità media da sogno, alternando sapientemente fasi violente ad altre più raccolte.
Il già citato lavoro del 2012, il bellissimo Epicloud, viene omaggiato con ben 6 brani, che mettono in mostra il lato più easy listening (ma non per questo meno qualitativo!) del Townsend compositore. Fantastica l’accoppiata Effervescent/True North che apre le danze.
Ci pensa poi la maestosa Planet of the Apes ad immergerci nelle sonorità più estreme e articolate del meraviglioso Deconstruction (2011); altrettanto degna di lode l’energica esecuzione dell’altro estratto da quel lavoro, Juular (brano che adoro).
La tripletta da infarto composta da Truth, War e Colonial Boy ci ricorda poi, se ce ne fosse bisogno, che splendore fosse Infinity (1998): impossibile rimanere fermi durante l’esecuzione di War (ma peccato per l’assenza di Bad Devil).
Ampio risalto è altresì concesso a Ziltoid The Omniscient (2007). Non staremo forse disquisendo del miglior parto della sua carriera, ma trovo che molte delle critiche mosse dalla critica specializzata ai tempi dell’uscita fossero ampiamente immeritate. Lavoro da riscoprire, magari partendo dai tre pezzi qui presenti (l’onirica The Greys in particolare).
Zompettando felici giungiamo tosti agli estratti di Synchestra (2006), a mio avviso capolavoro assoluto. Avveduta la scelta dei brani, che mostrano le due anime dell’album: al sontuoso arrangiamento pianistico della raffinatissima Babysong segue la torrida, irresistibile accoppiata Vampolka/Vampira. Spettacolo puro.
Forse meno bombastica (odio questo aggettivo!), ma senz’altro deliziosa la parentesi di concerto dedicata al sottovalutato Addicted (2009): da brividi i duetti di Devy con Anneke su Ih-Ah! e Bend It Like Bender!

Il resto, come si suol dire, è storia. Menzione obbligatoria, in mezzo a tanto ben di dio, per Detox degli Strapping Young Lad, miglior brano di City che, a sua volta, è uno dei dischi più belli di tutti gli anni ’90 (in effetti, posto per un altro estratto da quel platter lo si poteva trovare).
Sarebbe addirittura criminoso sorvolare su Kingdom, apice compositivo ed emotivo dell’illuminato Physicist (2000) e soprattutto su Life, massima espressione del progetto Ocean Machine (1997), le cui nostalgiche melodie di chitarra e il monumentale chorus riescono, anche in versione live, a farmi salire tre dita di pelle d’oca.
Spetta ad Epicloud (con Grace e la b-side Little Pig) porre la parola fine ad una esibizione ineccepibile sotto il profilo esecutivo quanto grandiosa sotto quello del coinvolgimento. La ricetta perfetta per un disco dal vivo, insomma.

Chiudo con un’altra citazione: Victor Hugo affermava che “di fronte al genio non si cavilla”, e aveva perfettamente ragione; aggiungo, nel mio piccolo, che di fronte al genio nemmeno si lesina. Quindi mano al portafogli, cari lettori di Metal.it: The Retinal Circus deve entrare a far parte della vostra collezione.
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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