Come accade un po’ a tutti i generi “classici”, è abbastanza facile sentir tacciare l’
AOR di conservatorismo e di un approccio eccessivamente nostalgico e retrogrado. Dall’altro lato, però, è proprio questo presunto immobilismo ad appassionare tanti fedelissimi del settore, che raramente accolgono con istintiva benevolenza ogni eventuale sforzo di “aggiornamento” sonoro.
Tentare in qualche modo di far convivere le due diverse esigenze, diventa, poi, un’impresa ancor più improba, valutata spesso nell’ambito di un opportunistico e pavido “cerchiobottismo” musicale.
Nel caso specifico di
Robin Beck, una delle monarche incontrastate dell’
FM-rock, e di quanto ha realizzato in questo nuovo “Underneath”, mi sento di propendere decisamente per una misurata e sagace operazione di “rinnovamento”, in un quadro compositivo piuttosto equilibrato tra “passato” e “presente”, ma sono anche abbastanza sicuro che, per le ragioni appena descritte e per il ruolo egemone che la
chanteuse recita nel cuore dei suoi tanti estimatori, il disco non sarà esente da qualche piccola critica.
Un brano come “Catfight”, ad esempio, non troppo distante da una sensibilità interpretativa alla Avril Lavigne o alla Pink, desterà certamente qualche meritata perplessità, e medesima sorte subiranno verosimilmente pure “Sprain” e “Check your attitude” che invece dovrebbero essere esaltate in maniera incondizionata per la capacità della nostra d’illuminare di freschezza e di “attualità” la classe immensa che la anima ormai da “qualche” tempo.
Eh già, perché anche quando scurisce e inasprisce i suoi preziosi toni vocali, come avviene nella prima delle due canzoni appena citate, o quando li concede ad una frizzante melodia da
heavy rotation contemporanea, se parliamo della seconda delle suddette, Mrs. Beck offre al convulso mondo del
rock un’impressionante “prova di forza”, fremente di vitalità e di tensione espressiva oltre che d’incontrovertibile eccellenza tecnica.
La stessa, del resto, che alimenta le situazioni maggiormente “rassicuranti” del programma, a partire dalla riproposizione di “Ain’t that just like love” di Fiona (una bella “sfida”, davvero …) e “Follow you” del
cult-hero Glen Burtnik, realizzate con il
placet degli interpreti originali (sono entrambi graditi ospiti dell’albo …), passando per l’intensa “Wrecking ball” (in realtà, anch’essa sostenuta da un gradevole alone “moderno”, vagamente Courtney Love-
esque … non “preoccupatevi” il parallelo è
soltanto orientativo …), per la sgargiante "Perfect storm” e per la solare "Ya can’t fight love”, e finendo con le ballate ad elevato coefficiente emozionale “Underneath” e “Burnin’ me down” (immancabile e prezioso duetto con il consorte James Christian), frammenti di puro
pathos romantico, capaci di illanguidire anche gli animi del “metallaro” più intransigente (anche se probabilmente non lo ammetterebbe mai …).
Alla lista dei languori in note mancherebbe ancora “I swear the nights”, ma una “certa” somiglianza con una canzone “abbastanza” famosa di un gruppo anch’esso non esattamente sconosciuto (
vabbè, ve lo dico … "Here I go again" dei Whitesnake …) ne diminuisce leggermente il valore complessivo.
“Underneath” è, dunque, un gran bel dischetto, non “impeccabile” magari (e in tale considerazione ha un suo peso pure una perfettibile resa sonora …), eppure in grado di confermare Robin Beck tra le migliori
female singers dell’intero
rockrama internazionale, e senza distinzioni “generazionali” … a proposito, alle
backing vocals del
Cd troviamo Liv Beck, la figlia adolescente di Robin e James … se la genetica non è una
bufala, mi sa che ben presto ci sarà un altro membro della nobile famiglia a darci delle soddisfazioni …