Che cos'è la bellezza? Con questa inesorabile domanda si apre il secondo lavoro dei norvegesi Winds, impegnati nel tentativo di tenere testa all'ottimo debutto senza snaturare la formula e di continuare nella creazione di un sound unico che riesca a farli emergere nell'ormai variegato movimento avantgarde del nord Europa. La missione è riuscita? Quasi del tutto... ma come nel caso di "The Reflections Of The I", nelle partiture dei Winds c'è una nota stonata che non si lascia sentire in modo chiaro, ma che sotto sotto finisce spesso per rovinare la festa. Chiariamo, "The Imaginary Direction Of Time" è un lavoro splendido in tutte le sfaccettature: dall'artwork visionario di Travis Smith alla produzione precisa e pulita, dallo squisito livello compositivo alla tecnica strumentale sopraffina di tutti e quattro i musicisti. Anzi, per una volta non mi sembra neanche il caso di far emergere in maniera solitaria il talento di Jan Axel von Blomberg, perfettamente inserito nel mix per tutti e cinquanta i minuti... riuscirete a distinguere bene le sue mosse solamente concentrandovi con enorme attenzione, il che mi porta a pensare ad un perfetto equilibrio tra la personale dimostrazione di abilità e il lavoro complessivo rivolto verso la band vera e propria. Chiaramente la stessa cosa non si può dire per lo straripante Carl August Tidemann, la cui chitarra si occupa di reggere la ritmica oltre che a squarciare le composizioni con assoli piuttosto classici ma sempre ben riusciti. Le uniche eccezioni sono in alcune delle note stonate di cui parlavamo prima: brevi momenti in cui il nostro virtuoso chitarrista si lascia prendere un pò dalla voglia di strafare, lacerando l'armonia a favore di lead pretenziosi e più di una volta anche fastidiosi. Fortunatamente succede molto molto raramente... L'uomo-guida Andy Winter sceglie di puntare spesso sul pianoforte, e questo suono classico unito agli stupendi inserti del quartetto d'archi conferisce a tutto l'album un'atmosfera solenne. Lars Eric Si possiede in dono una bellissima voce, che però non sfrutta a dovere adagiandosi spesso sulle stesse soluzioni vocali: perchè non sperimentare qualcosa che vada un pò oltre rispetto alla musicalità dei pezzi? Ho avuto quasi la sensazione che il cantante avesse studiato un approccio vocale piuttosto rassicurante, come una specie di caldo abbraccio, ma in alcuni punti avrei voluto ascoltare qualche spunto in più. Se pensavate quindi ad una pura dimostrazione di bravura, siete capitati nel progetto sbagliato: i Winds ci dimostrano in dodici canzoni che cosa significano i concetti di dolcezza, perfezione, eleganza confezionando una serie di gemme incastonate in un concept che vuole proporre una serie di domande su argomenti esistenziali... a proposito, abbiamo lasciato in sospeso il quesito iniziale. Dopo aver riascoltato per l'ennesima volta "The Imaginary Direction Of Time" ho avuto l'impressione di essere stato guidato verso la risposta dalla musica dei Winds, ma come era già successo per il precedente episodio anche questo nuovo album non è ancora in grado di proporci una versione definitiva... se queste sono le premesse è comunque lecito aspettare e sperare nella consacrazione del terzo (capo)lavoro.
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