Dopo cinque anni di attesa, dopo che negli ultimi mesi sono stati rivelati via via dettagli sempre più consistenti, anteprime, studio report ed un epico singolo, gli
Stormlord giungono finalmente alla pubblicazione di
Hesperia, loro quinto sigillo in studio.
Non è sicuramente stato facile dare un seguito all'ottimo
Mare Nostrum del 2008, accolto con entusiasmo da critica e pubblico e che ha cancellato ogni dubbio (se ancora ve ne fossero) sul valore della band, ma l'attesa è stata ampiamente ripagata.
Per chi li segue da tempo non hanno certo bisogno di presentazioni, per chi è nuovo e si approccia per la prima volta alla proposta dei nostri direi che la loro musica, definita giustamente da loro stessi "extreme epic metal", è la perfetta unione tra epicità, potenza, cattiveria, lirismo ricercato e, da oggi, progressive. Attenzione, non spaventatevi con questa parola spesso fraintesa, qui l'accezione vuole sottolineare l'andamento delle canzoni che si sono fatte meno immediate, non però per una costruzione particolarmente tecnica in cui solismi ed individualità strumentali sono in primo piano, ma per la ricerca lirica e musicale che ha portato alla creazione di questa nuova opera che richiede diversi ascolti, sempre più appaganti, per essere metabolizzata.
In passato i sei ragazzi romani si sono occupati di personaggi della mitologia greca come Zeus, Persefone, Medusa, Prometeo, Ade ma stavolta hanno osato di più, hanno infatti creato un concept album sull'Eneide di Virgilio effettuando una ricerca davvero notevole. Nei testi, composti da
Francesco Bucci ed interpretati da un
Cristiano Borchi in stato di grazia, vengono alternate la lingua inglese a quella italiana ed inseriti alcuni passaggi in latino (con certe parti in metrica!) rendendo
Hesperia un viaggio musicale e concettuale notevole. Non è stata semplicemente trasposta l'opera virgiliana, ma ne è stata data un'interpretazione attuale, quella di un eroe diviso tra gloria e dolore. La musica segue alla perfezione l'andamento della storia facendosi tragica, magniloquente, drammatica, epica o decisamente potente e cattiva a seconda del passaggio trattato, il tutto perfettamente legato e con un sapore "mediterraneo" che si respira in tutta la durata del disco. Forse meno estremo e battagliero di precedenti capitoli, in questo album parte della velocità è stata sacrificata a favore di una maggiore completezza, una più ampia visione d'insieme.
Non è un cambiamento drastico rispetto ai dischi precedenti ma piuttosto un'espansione, un approfondimento della via tracciata. Ci sono alcune canzoni come
Bearer of Hate e
My Lost Empire che, oltre ad evidenziare un buonissimo lavoro di batteria, sono più dirette e legate al recente passato della band. Altri episodi come l'iniziale
Aeneas o il singolo
Onward to Roma trasudano epicità da ogni nota e immergono l'ascoltatore in un ideale kolossal storico.
Quello che più colpisce è però il senso di unicità, il legame che rende
Hesperia un tutt'uno in cui ogni elemento è equilibrato. Le chitarre si dividono tra melodie trascinanti, arpeggi sognanti e parti serrate integrandosi perfettamente con la maestosità delle orchestrazioni e delle tastiere, mai invadenti o pacchiane, che si vanno a loro volta ad unire con strumenti tipici della tradizione mediterranea che compaiono all'occorrenza.
La produzione marchiata
Giuseppe Orlando e la masterizzazione effettuata presso i
Finnvox Studios sono una garanzia, ed esaltano la coesione tra i membri del gruppo eliminando qualsiasi incertezza e rafforzando ogni passaggio del disco.
Il consiglio è quello di stringere tra le mani una copia del disco e fissare la splendida copertina (opera di
Gyula Havancsák), seguire i testi e farsi cullare dalle onde, abbandonarsi alla deriva senza paura di perdersi, la rotta è stata ben tracciata e i navigatori sono esperti.