E così, dopo tutte le vicissitudini ed i problemi contrattuali che legavano i Samel alla Century Media, i nostri svizzeri sono riusciti ad ottenere la cosa da tempo desiderata: la risoluzione del rapporto con la casa discografica tedesca, una nuova label che potesse credere fortemente in loro e la pubblicazione di un nuovo album. E così, come spesso accade, l’album che arriva dopo tutti i problemi band/label, è un lavoro a dir poco strepitoso. Regola confermatissima da questo ‘Reign Of Light’, l’album più ispirato, più denso e carico dai tempi di ‘Ceremony Of Opposites’. La magia di quel platter, quelle chitarre così solfuree e taglienti, di quel sound scarnificato, freddo e controllato, in parte gettano ombre su tutti le 11 songs del dischetto… se poi vogliamo aggiungere un grandissimo lavoro da parte di Vorph dietro al microfono (ora la voce è malata, ora è Black oriented, ora è terribilmente oscura, ora quasi marziale) il gioco, capirete anche voi è fatto. Con questo NON dico che i Samael sono tornati a fare del Black Metal, lungi da me nel farlo, ma voglio solamente mettere in risalto come questo combo sia riuscito ad evolvere il proprio sound ripescando e riarrangiando in chiave moderna elementi classici del proprio passato, innestandoli sul substrato elettronico ed Industrial della seconda parte della loro carriera. ‘Reign Of Light’ è un album prepotente, che senza porre il piede sull’acceleratore, rimane sempre selvaggio, ruvido, ricco di groove, maligno ed allo stesso tempo carico di melodia applicata al beat che arricchisce magnificamente da qualche album a questa parte la band di Vorph e soci, con quell’onnipresente alone di sudicia pomposità che soltanto altre pochissime band riescono a vantare. I temi trattati nel dischetto, manco a dirlo, sono ancora legati a tutto quello che sta là fuori, circondandoci e facendoci sentire piccoli ed indifesi, ma questa volta il connubio con l’ignoto è ancora più profondo e deciso, grazie ad un elegante utilizzo di un’elettronica di stampo simil apocalittica/armageddoniana (ed ancora una volta è impressionante ascoltare l’enorme lavoro svolto da Xy, vera anima dei Samael) e da alcuni riferimenti orientali (la track di apertura ‘Moongate’ ed ‘Heliopolis’, vedono la partecipazione di Sami Yli-Sirnio al Sitar) che riescono ad enfatizzare il senso di misticismo e vuoto cosmico. A cornice di tutto questo, non si può non notare l’ottima produzione, in collaborazione con Waldemar Sorychta (lo storico produttore da sempre utilizzato dal 90% dei gruppi Century Media) e l’altrettanto splendido lavoro di missaggio (che non deve essere stato facile, visto la quantità di tracce che devono essere state utilizzate) di Stefan Glaumann , già con Rammstein e Clawfinger. Mica pizza e fichi. I Samael sono tornati da vincitori, da Signori assoluti dell’Industrial Black Metal o come cavolo volete chiamarlo, lasciando con un palmo di naso bands come The Kovenant et simili. Con la speranza che la svedese Regain Records possa supportare in maniera adeguata una delle band più eclettiche e coraggiose del panorama Metal. In Century Media, si staranno mangiando le mani. Da avere e da pompare nello stereo a tutto volume, invocando il cerchio della nuova dimensione targata Samael.
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