I Bonrud sono una vera e propria novità (almeno per chi scrive), nell’ambito del panorama hard melodico/AOR statunitense. La band di Seattle, capitanata dal polistrumentista e produttore Paul Bonrud, completata da Paul Higgins alla batteria e dal vocalist Dave Hendricks, si presenta con un buon lavoro dalle sonorità inequivocabilmente debitrici nei confronti di due dei maggiori colossi americani del settore: Foreigner e Journey (arrivando ad ispirarsi a questi ultimi anche nello stile grafico della cover; guarda caso l’autore, Dave Williams, è lo stesso artista che ha curato l’artwork del drum-kit di Deen Castronovo, visibile durante il tour del 2004 degli “AOR gods” statunitensi). Queste influenze si realizzano, sia dal punto di vista delle strutture musicali, sia, e soprattutto, nello stile e timbro vocale di Hendricks che spesso e volentieri ricorda in modo palese quello del grande Lou Gramm, mentre altre volte si avvicina (più per approccio che non come tonalità vera e propria) all’eccelso Steve Perry.
Il disco in questione riserva i suoi momenti migliori nell’ottima opener “Leap of faith” di chiara ispirazione Journey, nella più grintosa “The Phoenix” (veramente splendida), nella stellare melodia della sublime ballata “Desperate heart” (con Hendricks autore di una prova maiuscola, degna del “maestro” Gramm) nella briosa e frizzante “Date with destiny”, nell’intensa “Once in a lifetime” (ottimi i cori e il guitar work) e nella conclusiva slow track “Hollywood movie star”, dove i suoni cari agli autori di “Escape” tornano a farsi sentire prepotentemente. Non male neanche la traccia acustica e vagamente “Bostoniana” denominata “Live your dreams”, contraddistinta da un attraente impianto armonico. Da rimarcare l’ottima prova di Bonrud, soprattutto alla chitarra, con ritmiche ed assoli eseguiti con gusto e classe, senza eccessi tecnici ma con rilevanza melodica. Il mixaggio ad opera del pluriplatinato Keith Olsen è garanzia d’efficacia nella resa sonora, anche se, in realtà, una registrazione leggermente più “esplosiva” avrebbe sicuramente giovato al risultato finale del platter. “Bonrud” è un album abbastanza riuscito, piacevole e scorrevole, che, soprattutto negli episodi citati (in cui i modelli sono onorati nella migliore delle maniere), ma anche nelle tracce più derivative e leggermente meno convincenti (in cui si pecca un po’ d’eccessivo ”già sentito”), mantiene, senza dubbio, uno standard compositivo di discreto livello, risultando godibile nella sua totalità.
Non sarà, in ogni caso, facile emergere in questo campo, ricco di compagini di valore, in cui però è attualmente difficile individuare qualche formazione “nuova” in grado di contrastare l’egemonia dei nomi storici, che risultano, spesso, ancora il migliore ascolto per gli appassionati.
Tenendo conto che si tratta di un esordio, con ampi margini di miglioramento su di una base già notevolmente solida e di valore, ritengo che i Bonrud abbiano imboccato la strada giusta … attendiamo di vedere dove li porterà … se nell’Olimpo del melodic rock o ad ingrossare le fila dei tanti “followers” …
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