Questi ragazzi veneti non c'entrano nulla...ma che orso mi prende quando sto per chiudere la recensione ed a causa di un'errata combinazione di tasti mi si chiude la scheda con la recensione ormai ultimata... Sarebbe da dargli 4 e bòn, ma non sarebbe affatto giusto, primo perchè non è colpa loro se dopo 20 anni di partite di calcetto sotto la pioggia ed al gelo le mie mani da portiere sono diventate tremolanti come quelle di un 80enne colpito da morbo di parkinson, e secondo perchè questo "
Serenissima" è già stato abbondantemete mortificato, almeno nel nostro ambito, dato che ci giunge praticamente dopo un anno dopo la sua pubblicazione, avvenuta a Dicembre 2012 per
Underground Symphony.
Misteri del web e dei nuovi sistemi di promozione, ma tant'è, lo facciamo con piacere invece di sorvolare poichè trattasi di un buonissimo album dedicato alla loro
Repubblica di Venezia e musicalmente incentrato su un classic metal fortemente venato di power metal ma non solo: infatti lungo tutto il disco, ma anche all'interno di sprazzi della stessa canzone, si può passare tranquillamente da echi di
Iron Maiden a chitarre cromate alla
Lion's Share ed i mai troppo compianti
Radakka, fino ai classici
Stratovarius ed il powerprog degli
Shadow Keep e la cosa bella è che tutto avviene con gran naturalezza ed un'armonia difficilmente ottenibile, e qui i ragazzi dimostrano tutta l'esperienza accumulata nei loro 20 anni di carriera, nonostante i soli due dischi alle spalle.
Diciamoci la verità, i punti di forza dei
Great Master sono il cantante
Max Bastasi, veramente un piacere da ascoltare, e la coppia d'asce
Carlini/Vanin, coriacei ed efficaci nelle ritmiche quanto taglienti e laminati (bello laminati, che poeta!) nei solos: destino volle che "Serenissima" ci giunge in concomitanza della fuoriuscita di Bastasi dalla band, insomma ha fatto come Frusciante.
Al suo posto
Longhin dei
The Moor... beh, per il futuro si vedrà, intanto godiamoci, con un anno di ritardo, l'epicissima "
Black Death" (ah, la peste!), il trascinante single maideniano "
Queen of the Sea", la mid-paced "
The Merchant" molto stratovariusiana nel suo incedere, e tutte le altre composizioni fino alla chicca finale "
Medieval Steel" che non c'è bisogno di dire di chi sia.
Insomma, davvero una freschissima ventata di metal spontaneo, classico, genuino, entusiasmante.
Prima che sbagli di nuovo a pigiare i tasti e che passi un ulteriore anno, chiudo la recensione: BRAVI!