Può la musica classica essere suonata con strumenti "moderni"? Non parlo di trasposizione di partiture da uno strumento all'altro, parlo di modo di concepire la musica. Beh, forse esiste un modo e lo propone un ragazzo perso nella steppa Finlandese dal nome
Markus Gronfors che con la sua one man band
My Grande Finale affronta un viaggio musicale difficilmente catalogabile e, per sua stessa ammissione, derivante da un pensiero compositivo che si rifà a quello tardo-settecentesco. Niente barocchismi ma anzi, ampi spazi, note lunghe e dilatate, inquietudine ed esplorazione dell'ignoto, divisi nei 5 brani che compongono questo primo
Ocean Heart.
Di metal qui non ce n'è, inutile cercarlo nelle note, forse solo nell'attitudine individualista e di "unione con gli elementi" di certo ambient black. Il nulla è all'orizzonte, attorno a noi solitudine immensa in un oceano buio, mentre si naviga cercando la rotta di casa, un luogo che forse non si sa più trovare.
Quasi nessuna percussione, nessun assolo, ma lunghi feedback che inframmezzano poche note di chitarra pulita, sporadicamente accompagnati da lievi accordi distorti, un pianoforte (che va piano e basta) e tanta, tanta solitudine.
Smontando tutta questa poesia, verrebbe da dire: "e fatte 'na risata!"
Mi piace ogni tanto un po' di ambient, ma qui è veramente minimale all'ennesima potenza. Sicuramente sarà elogiato e portato in trionfo da menti predilette ed avanguardistiche, io ottuso dinosauro, non mi esalto per così poca roba, non ce la faccio.
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