Cronian?
Season of Mist? Perché no? Promette bene. Avevo già sentito o letto da qualche parte di questa band ma per un motivo o per l'altro non ero mai riuscito a mettermi all'ascolto di questi norvegesi, grave errore. Fatto sta che premo play, e già dopo pochi secondi la mia fronte si corruccia pensando "
ma... ma... questo è Vintersorg!". Apriti cielo.
I cari
Øystein Garnes Brun (chitarrista e fondatore dei
Borknagar) e
Andreas Hedlund (aka
Vintersorg, dalla carriera costellata di collaborazioni e album di successo) oltre a sfogare la loro creatività con le loro formazioni principali, uniscono la loro arte al servizio di questo "progetto"
Cronian che oggi giunge alla terza uscita ufficiale.
Colpisce subito il lavoro di arrangiamento effettuato in ciascun pezzo. Tanti elementi sonori si intrecciano, si scambiano, interagiscono in maniera meravigliosa su una struttura prettamente viking/black metal, creando un'epicità non artefatta con sbrodagli di trombettine, pianole Bontempi e tamburelli, ma qualcosa che colpisce nel profondo ed emoziona.
Descrivere il genere che questo geniale duo propone non è roba semplice. Se vi piacciono i gruppi principali dei due musicisti coinvolti non avrete nessun problema ad apprezzare i
Cronian, per gli altri è arduo a parole trasmettere cotanto tripudio sonoro. Parliamo di
avantgarde black,
progressive post black quel suono, insomma, degli ultimi
Enslaved, di
Ihshan, degli
Arcturus, dei
Diabolical Masquerade.
Uno spirito progressive anima i brani, stratificati e in continua evoluzione, parti più lente ed epiche vengono contrapposte ad accelerazioni con screaming vocals mai fuori posto. Una voce magnetica e una tensione palpabile emerge dalle canzoni, quasi come fossero la colonna sonora di un film horror/licantropico. Tutti gli strumenti, siano essi violini, tastiere, un pianoforte, un corno oppure dure distorsioni di chitarra, sono in simbiosi e generano un'onda di suono talvolta avvolgente e meditativa, altre volte lacerante e distruttiva. Non c'è tecnica fine a se stessa ma un insieme di brani in continuo divenire, fuori dagli schemi classici, qui c'è uno scorrere di note, tante, ma ognuna al proprio posto. I
Cronian fanno sembrare tutto facile, ma dietro ogni canzone c'è un lavoro e una abilità enorme. E' proprio questa la differenza fondamentale col precedente
Enterprise, sempre un gran lavoro, ma questo
Erathems è arrangiato meglio e più focalizzato su un punto da colpire, sulla canzone che ti deve fare viaggiare, ma anche farsi ricordare.
Così, mentre il 2013 si avvia verso la chiusura, quando in tanti pensano di aver già individuato i dischi più importanti e tirano le prime somme, tutto viene messo in discussione dall'uscita di questo lavoro.