4 anni dopo il fortunato esordio con
"The Bridge of Sighs", tornano a far parlare di sé i tarantini
Elegy of Madness e lo fanno sotto una nuova etichetta, la WormholeDeath, che sembra aver ultimamente preso la strada del symphonic gothic con voce femminile..ma questa è un'altra storia.
La storia degli Elegy of Madness invece ci parla di una band cresciuta nell'arco di 7 anni e divenuta finalmente una gran bella realtà del metal tricolore grazie ad un album, questo "Brave Dreams", che si discosta un po' dai cliché tipici del genere (in questo mi hanno ricordato parecchio i britannici To-Mera, senza gli interludi jazzistici), offrendo una prestazione che va a pescare a tratti nel prog e paradossalmente nel melodic death, soprattutto per l'impostazione ruvida e aggressiva delle chitarre. "
The Sacred Willow" ne è un esempio lampante, grazie anche ad un ottimo lavoro al basso e all'ariosa parte centrale, con orchestrazioni davvero intriganti e azzeccatissime.
Inutile però nascondere che il vero punto forte dei tarantini è la voce di
Anja Irullo, bellissima e suadente, da vera cantante lirica e non da ragazzina che s'improvvisa tale, come purtroppo accade sempre più spesso con gruppi che propongono questo genere. Voce che sa destreggiarsi sia in canzoni più movimentate come la sopracitata o come "
Red Dust", dove fa capolino anche la voce maschile del mastermind
Tony Tomasicchio (mi si corregga se sbaglio), sia in brani più tranquilli e intimistici come la bellissima ballad "
Holding Your Hand", dove la soavità di Anja fuoriesce in tutta la sua classe.
Perla del disco è però la penultima traccia, "
21st March", epitome di come una canzone di questo genere musicale dovrebbe essere: strumentalmente e tecnicamente perfetta, aggressiva e allo stesso tempo altamente emozionale, assolutamente non posticcia. Peccato che "
Uomo" in chiusura non riesca a mantenere così alto il livello fino in fondo, colpa della scelta coraggiosa ma un po' troppo azzardata di infilare una parte quasi "rappata" in italiano, lodevole a livello testuale ma che a mio modo di vedere stona un po' e non riesce a risultare adeguatamente incisiva.
Globalmente però ci troviamo di fronte a un lavoro davvero interessante e di buonissimo livello, che mette gli
Elegy of Madness in una posizione di forza nell'ambito symphonic gothic nostrano. In attesa dei nuovi Nightwish, abbiamo di che divertirci!
Quoth the Raven, Nevermore..
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