A dimostrazione che la WormholeDeath è sempre più attenta al genere, ecco un'altra band nostrana dedita all'ormai abusato symphonic gothic con voce femminile, i
Levania. Saranno riusciti con il nuovo "Renascentis" a migliorarsi, dopo il mezzo passo falso del disco d'esordio
"Parasynthesis"?
Si e no, il più classico dei ni.
Perchè anche su questo nuovo disco mi tocca tendenzialmente confermare i pregi e i difetti elencati da Laura nella recensione del debut: voci così così, tecnica indiscutibile e generalmente un po' troppa confusione, anche se in particolare sotto questo punto di vista le cose sono migliorate.
Nel dettaglio però c'è da dire che la voce di
Ligeia a mio modo di vedere è cresciuta parecchio, assestandosi su un più che sufficiente livello sia dal punto di vista dell'interpretazione sia da quello della tecnica, in particolare quando le tonalità si mantengono su frequenze medio-basse, mentre c'è ancora qualche problemino sugli alti. Inutile, eccessivamente nasale e piuttosto fastidiosa è invece la voce maschile in clean, in particolare nelle strofe in cui viaggia in solitaria, mentre la voce in growl è senza dubbio meglio inserita nei brani, oltre ad essere qualitativamente migliore.
Il comparto strumentale è invece ineccepibile e ricco di soluzioni intriganti, grazie a un vasto e azzeccatissimo uso delle tastiere e a un'aggressività che ben si sposa alla voce di Ligeia. Rispetto al passato vengono utilizzate strutture più semplici, meno arzigogolate e più dirette, il che aiuta senza dubbio i brani ad essere meglio recepiti e meno confusionari. Molto bella in questo senso è la centrale "
Seven Times to Forget", grazie ad un ottimo ritornello col classico confronto clean femminile/growl e a un'azzeccata robustezza del sound, così come la successiva "
My Writings of Hope", che stacca decisamente rispetto al brano che la precede, mostrando il lato più intimistico del cantato di Ligeia.
Non ho gradito invece particolarmente le chiusure dei vari brani, che in troppi casi risultano come "troncati" di netto.
Il più classico dei "ni", dicevamo: lo sbilanciamento in favore dei primi tra difetti e pregi è meno netto rispetto al disco d'esordio, sintomo di una maturità che pian piano si fa strada, ma ancora non ci siamo. Sarà il terzo album a darci la vera dimensione dei
Levania? Chi vivrà, vedrà..
Quoth the Raven, Nevermore..
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