Sono sempre più convinto che se esiste una “speranza” di sopravvivenza, proliferazione ed evoluzione (onorando, in questo modo, il senso pieno della sua stessa denominazione …) per il
prog-metal, questa debba
fatalmente passare non tanto per i nomi “storici” del settore, ma per
band “emergenti” di valore e personalità, alimentate dalla volontà di superare gli insegnamenti dei maestri, non riducendosi ad una loro rilettura ed evitando al contempo un’eccessiva e snaturante trasfigurazione della materia.
L’ascolto di “For my dreams I fall”, primo
full-length autoprodotto dei friulani
rEarth non fa che avvalorare tale tesi, ampliando le buone sensazioni provate ai tempi del demo “Pure and simple” (il cui contenuto viene peraltro qui recuperato integralmente …) e consegnando al mio apparato
cardio-uditivo, “confuso & felice”, una formazione dalle considerevoli potenzialità, fotografata in un momento piuttosto avanzato del suo avvincente percorso artistico.
Volendo semplificare, potremmo dire che i ragazzi di Udine si propongono oggi come dei Pain of Salvation intrisi di cultura
progressiva italica, mentre se vogliamo andare oltre le pur fondate immagini “ad effetto”, dobbiamo rilevare il carisma di un gruppo capace di dominare i molteplici stimoli espressivi che lo fomentano, conscio delle sue “origini” e in grado addirittura di combinare in maniera pressoché impeccabile italiano e inglese, in un contesto narrativo, compositivo ed emotivo di notevole consistenza e di spiccato magnetismo.
I meriti di un risultato così appassionante, com’è giusto che sia in schieramenti di livello superiore, vanno equamente suddivisi tra tutti i componenti dei rEarth e tuttavia una menzione speciale la guadagnano sia Simone Paoloni, in possesso di uno spettro vocale poliedrico e catalizzatore (anche qui, estremizzando un “pochino” la questione, qualcosa tra Daniel Gildenlow, Demetrio Stratos, Eric Clayton e un James Hetfield con la
luna storta, a cui magari aggiungere appena un pizzico di Eddie Vedder …) e sia Sara Rainone, un ospite davvero
speciale per il contributo offerto soprattutto nella splendida “Senz'alba”.
Ed è proprio dai dodici minuti abbondanti di questa delizia in note che vorrei cominciare a descrivere in breve la palpitante sostanza di cui è fatto “For my dreams I fall”: grazie ad un suono intenso e multiforme, vi troverete immersi in un lacerante travaglio interiore, avvinti da sentimenti conflittuali, manifestati con violenza o affioranti da riflessioni intime e angosciose … in poche parole, un pezzo di fronte al quale è impossibile rimanere indifferenti, nonché l’apice di un disco che si nutre continuamente di emozioni e in cui il ricorso al gioco dei contrasti risulta ben lontano da una soluzione stilistica “facile” e plastificata.
“Pain for loss” è un altro momento vincente della raccolta, capace di fondere ad arte convulsioni
thrash e suggestioni di natura
prog-rock e analoga investitura la conquistano “Whitered rose”, che enfatizza principalmente la seconda parte della questione, “Madre del Fato”, con il suo cupo e mutevole lirismo (ottima, ancora una volta, la prova della Rainone …), la sognante “Breath, the end ...” e la potente e iconoclasta “The ideology of God”, senza dimenticare, infine, la lunga
suite in cinque movimenti denominata “Pure and simple”, i cui effetti sensoriali erano già stati testati da queste parti e che non hanno perso di efficacia con il trascorrere del tempo.
Il “futuro” del genere, con “gente” talentuosa e valorosa come i rEarth appare, dunque, in “buone mani” … ora sta al pubblico non limitarsi ai
vip e sostenere adeguatamente chi può ancora, per mezzi, creatività, vocazione e raziocinio, contribuire
veramente alla “causa”.