Credo che ai
Dark Funeral vadano ascritte principalmente due colpe: un immobilismo sonoro pressoché assoluto e un esordio fenomenale.
Già: quando acquistai
The Secrets of the Black Arts (e lo consumai a furia di ascolti) pronosticai un brillantissimo futuro per il gruppo svedese, che già vedevo proiettato, nel giro di pochi anni, nel gotha del black metal.
Purtroppo, la progressione si è rivelata meno esaltante del previsto: a quel nero germoglio seguirono album feroci, devastanti, compatti, che tuttavia mancavano del quid e dell’atmosfera che il debut elargiva a piene mani.
Al tempo stesso, dopo aver concesso campo ai detrattori, devo altresì rilevare come le critiche si siano rivelate spesso eccessive.
Lo stesso disco che mi accingo ad esaminare, per esempio, venne liquidato da molti con la classica frase:
“Ah! La gente ne parla bene e lo compra perché è dei
Dark Funeral: l’avesse composto una band sconosciuta non se lo filerebbe nessuno!”
A mio avviso, è l’esatto opposto: il blackster, notoriamente sospettoso di fronte a fama e riconoscimento commerciale, avrebbe tributato onori ben maggiori a un simile lavoro se fosse stato concepito da un gruppo ignoto e di culto.
Parliamoci chiaro: personalmente non conosco tantissime formazioni in grado di spezzare le reni all’ascoltatore con opener del calibro di
King Antichrist, canzone violentissima e malevola al punto giusto. Lo stesso può dirsi di
Godhate, altro highlight del platter, che ci investe come una gelida tormenta d’odio.
Per il resto la formula di
Attera Totus Sanctus, lo sapete, è la stessa di sempre: riff a cascata, drumming tumultuoso e senza respiro (opera del tentacolare
Matte Modin), screaming assassino di
Emperor Magus Caligula (in quest’album ancor più estremo del solito), e massicce dosi di Lucifero e anticristianesimo per condimento.
Il tutto procede senza sobbalzi, lo concedo, dal momento che i brani non fanno granché per distinguersi l’uno dall’altro. Se si esclude il classico episodio (che qui prende il nome di
Atrum Regina) in cui i tempi si abbassano e il feeling si fa più maestoso, abbiamo a che fare con tre quarti d’ora di incessante devastazione sonora, piacevole ma prevedibile.
Ottimi come sempre i suoni, mentre definirei l’artwork di copertina quantomeno dozzinale. Per giustificare la re-issue, sono state aggiunte otto bonus track, di cui sei live (in Sud America). Ben registrate e ben suonate, ma nulla che possa motivare l’acquisto da parte di chi già possiede la prima versione.
Come detto, dai
Dark Funeral sarebbe stato forse lecito attendersi qualcosina di più; non per questo vanno banalizzati i meriti di una band che mette sì sul piatto un po’ di mestiere e pochissima (per non dire alcuna) voglia di mutare un modus operandi ben rodato, ma che garantisce altresì ottime composizioni e colate di puro black metal scandinavo.
L’offerta è chiara, sta a voi decidere se prendere o lasciare.
Io prendo.
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