Quello degli Hecate Enthroned non è certo un nome nuovo all’interno del panorama estremo, la band del chitarrista Neil infatti è in giro dal 1995 e ha già vissuto due, se non tre, fasi della propria effimera esistenza…Nati infatti come clone band dei
Cradle Of Filth degli esordi (date un’ascolto all’ep
“Upon Promeathean Shores (Unscriptured Waters)” che altro non è se non la ristampa del loro demo
“An Ode for a Haunted Wood” o all’esordio su lunga distanza
"The Slaughter of Innocence: A Requiem for the Mighty" e ve ne renderete conto) dopo appena un album vista la miriade di critiche piovute sul proprio conto la band decide di virare su qualcosa di più pesante e si accoda al nuovo carrozzone del death/black che vedeva come punto di riferimento i Behemoth di
“Pandemonic Incantations” o
“Satanica” . Dopo aver vivacchiato realizzando tre album dal valore molto alterno la band fa perdere le proprie tracce all’indomani della pubblicazione del discreto
“Redimus” . A otto anni di distanza dalla dipartita l’etichetta nostrana Crank Music Group gli da la possibilità di ritornare sulla scene con il qui presente
“Virulent Rapture” . Allontaniamo subito i più ottimistici pensieri sulla band e diciamo che il qui presente come back non è niente di speciale, niente per cui dovremmo andare a ripescare la discografia sommersa del gruppo e fare ammenda per gli insulti lanciati alla band nel corso degli anni…Il tempo trascorso tra
“Redimus” e
“Virulent Rapture” è servito per far capire agli Hecate Enthroned che avrebbero potuto imboccare un’ulteriore terza via, l’auto auto-clonazione… Infatti presi mini e debut album (Cradle style ricordate) e mischiati con i successivi sforzi death oriented hanno ottenuto il qui presente full lenght, capace così di proporci pezzi rabbiosi e ben sostenuti dalle tastiere, come nel caso della lunga
“Plagued By Black Death” o della conclusiva
“Paths Of Silence” alternati ad altri più diretti e in your face come da tradizione death (
“To Wield The Path Of Perdition” o
“Immateria” ) . Personalmente ho apprezzato molto di più i brani più articolati, dove la band, pur non eccedendo in idee innovative, ha comunque cercato di proporre sempre delle soluzioni il meno scontate possibili. Purtroppo la maggior parte dell’album è composto da brani più lineari , ma non necessariamente di breve durata, che tendono ad appiattire ogni possibile momento di esaltazione. Molto scarsa la prova di Elliot Beaver, nuovo entrato dietro al microfono, che tra richiami al primo Dany Filth e vocals gutturali di bassa fattura, mostra tutta la sua misera mancanza di personalità. Onestamente non mi aspettavo granché da questo ennesimo ritorno del 2013, quindi non posso dire di essere rimasto deluso, anzi se paragoniamo
“Virulent Rapture” a quanto fatto in alcuni lavori passati, come l’ep
“Miasma” potremmo addirittura gridare al miracolo, ben sapendo comunque che si tratterebbe di un mezzo abbaglio. Un gruppo senza infamia e senza lode che non fa che riconfermare quello che si era capito agli albori della loro carriera, followers not leaders!
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