Ho atteso più tempo del solito prima di accingermi a scrivere la recensione del disco dei Lifend, ho voluto ascoltarlo con estrema attenzione, senza farmi influenzare dai giudizi entusiastici che ho sentito sul loro conto; è un disco assai difficile da giudicare in quanto è complesso, pieno di sfumature e, cosa da non sottovalutare, il primo disco da band professionista a tutti gli effetti con contratto.
Meglio procedere con ordine: i milanesi Lifend giungono al primo disco non auto-prodotto dopo anni di gavetta nell'underground, anni che hanno permesso loro una maturazione graduale e forse più naturale di quella che troppo spesso brucia buone band dopo uno-due dischi; esordiscono con un album molto elaborato, quasi manierista e colmo di influenze che ne rendono impossibile una precisa classificazione nelle ristrette mura di un genere se non quello di Heavy Metal. I Nostri si cimentano con partiture molto complesse e assoli di chitarra (elettrica e acustica - quest'ultima davvero incisiva in più momenti) avvolgono una struttura ritmica ottimamente strutturata; l'alternanza di voce maschile e voce femminile è valida, ma non mi convince del tutto poichè spesso il risultato è abbastanza caotico; note a margine sono l'uso dell'italiano in alcuni passaggi e qualche spruzzata di sax (!?) che dona quel non so che di esotico al sound senza arrivare a snaturare troppo la proposta musicale. Cosa c'è allora che non va? A mio modo di vedere c'è che il risultato è un pastone sonoro - passatemi il termine - che solo a tratti si fa del tutto assimilato dalla band stessa; sono troppi i momenti cervellotici e pieni di variazioni repentine a rendere il tutto poco digeribile e godibile. E' un difetto che ultimamente mi è capitato di riscontrare in diverse band, questo di voler inserire quasi a forza elementi elettronici o comunque bizzarri, di voler a tutti i costi proporre partiture estremamente complesse senza riuscire a dominarle completamente... probabilmente se non avessero voluto strafare il risultato sarebbe stato molto più convincente e se ne accorgeranno quando saranno ancora più maturi e riusciranno a padroneggiare passaggi più intricati. In ultima istanza vorrei fare una piccola critica alla produzione, troppo caotica e fredda che di certo non valorizza molto il prodotto.
In definitiva è un buon album, suonato da una band che ha potenzialità per fare grandissime cose, ma che ha certamente bisogno di tempo per assimilare la molteplicità di idee e soluzioni che possiede; è probabile che il fatto di essere giunti al primo album ufficiale dopo tanti anni di gavetta li abbia spinti a voler strafare, a cercare di racchiudere nel disco il più possibile. Da rivedere attentamente in futuro.
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