Sulla scia del precedente "Dominion", i
Benedicum non rallentano la propria corsa, scegliendo di puntare ancora sulla propria anima più
heavy, piuttosto che tentare improbabili svolte melodiche.
Lasciata scorrere l'intro "Dream of the Banshee", i ritmi si fanno, quindi, subito frenetici grazie a "Fractured" (un titolo una garanzia...), dove non solo riconosciamo la miglior Veronica Freeman, ma scopriamo che nel gruppo è entrato a far parte l'ex drummer degli Jag Panzer, Rikard Stjernquist. Ci si ritrova così alle prese di un sound affilato e potente, pur mitigato da un pizzico di melodia, che con la successiva titletrack porta a pensare ai Metal Church di "The Human Factor".
Certo, qua e là, qualche momento più ragionato non manca, come nell'ottima e affilata "Scream" (uno dei brani più rappresentativi del disco) ma anche in occasione di "Cry", dove a duettare con Veronica Freeman incappiamo nientemeno che nell'ex Black Sabbath Tony Martin, per un'
ospitata che però si rivela come l'unico motivo di interesse per una ballad oltremodo scontata e anonima.
Una piccola flessione che viene subito rimessa al suo posto dalla veemente "Thornz" e dalla priestiana "Apex Nation", prima che l'album si chiuda su quella cavalcata metallica dal titolo "Retrograde", nei cui sette minuti (efficaci e convincenti) di durata i Benedictum riversano molte delle loro influenze, tra Iron Maiden, Judas Priest e l'immenso repertorio di Ronnie James Dio.
"Obey" è l'ennesimo buon capitolo, all'insegna del più classico Heavy Metal, che si incastra nella discografia dei Benedictum, senza tuttavia mostrare una reale progressione rispetto a quanto già fatto vedere sinora.
Non è comunque
roba da poco.
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