Inizia questo 2014 e sono già alle prese con un album che scotta, non perché il nome del gruppo sia particolarmente conosciuto ed importante ma perché il suo contenuto è tanto, talmente tanto che avrò probabilmente qualche difficoltà nel cercare di farvi capire quanto di bello esso contenga.
Gli
Hail Spirit Noir sono una band greca che in line up può contare sull'apporto di 3 membri che hanno in comune i
Trascending Bizarre? ma che militano o hanno fatto parte di gruppi con proposte decisamente variegate e che qui creano qualcosa di unico. Dopo che nel 2012 hanno sorpreso molti per qualità ed originalità con la pubblicazione dell'esordio
Pneuma, si ripropongono oggi con altrettanta classe, stile, perizia ed inventiva, condensati nei 50 minuti scarsi di
Oi Magoi.
Il disco si presenta con una scaletta di 7 brani la cui durata media supera i 6 minuti, con punte di oltre 11, ma la lunghezza dei pezzi non affatica mai l'ascolto perché gli spunti e l'originalità non mancano di certo ai greci, a cui piace giocare in egual misura con il progressive settantiano, la psichedelia, il black metal atmosferico (attenzione, non sinfonico) ed il folk.
Si potrebbe scavare un ideale solco che trascende il tempo e gli stili e va a colpire band come
Genesis, Coven, High Tide, Comus, Black Widow per poi arrivare a
Opeth, Negura Bunget, Ornassi Pazuzu, Nachtmystium, il tutto con un leggero retrogusto di musica legata alla tradizione della loro terra.
l primo pregio degli
Hail Spirit Noir è che pensano con la loro testa, ed ecco che cominciando l'ascolto, un sapore mediterraneo e tutt'altro che banale ci accoglie, spezzato solo dalle urla di
Theoharis che si frappongono tra percussoni, xilofono e batteria jazzata. Il brano cambia poi umore e si fa più prog-malinconico, rimanendo davvero bello e toccante. La seconda traccia sembra più sbarazzina con cori e tamburello ma con un fondo sempre presente di oscurità e black vocals, ecco poi che elementi di classico prog inglese con organetto e strutture tutt'altro che scontate, si fondono nella pasta sonora anticipando
Satan is Time, in cui calde chitarre unite a voci pulite e profonde, guidano l'ascoltatore nel loro mondo, sempre più giù, nel profondo della loro creatività, nel profondo dell'abisso oscuro, ripetendo con insistenza "
Satan is Time" fino a che il brano esplode in malvagi latrati, per poi tornare etereo nel finale.
Mentre nella mia mente si accavallano i pensieri, le ispirazioni e le comparazioni, ho finalmente l'occasione di sentire un buon batterista e il suo tocco, senza che i microfoni e il lavoro in produzione ne appiattiscano l'operato, i tamburi sono infatti naturali e non sovrastano gli altri strumenti.
Il cantato non è solamente di ispirazione black, anzi, sussurri, toni declamatori ed efficenti clean vocals si alternano per dare un ulteriore contributo alla musica dei nostri. Arriviamo a fine lavoro superando
Satyriko Orgio, brano veloce in stile black classico che è un vero piacere, la distorsione delle chitarre non è mai esasperata e si possono sentire vere malate vibrazioni uscire dalle casse, non sterili ammassi di gain e velocità. Ma non abituiamoci troppo perché è già tempo di rallentare e cambiare pelle, la sperimentazione torna a regnare. Passando
The Mermaid (tra le più settantiane) e la teatrale
Hunters, si conclude con la title track e il suo fare lento, malato, romantico e sperimentale.
Mi rendo conto che la proposta degli
Hail Spirit Noir non sia qualcosa di immediato, ma che le sue migliori carte siano quelle della sperimentazione, dell'originalità e della sorpresa, pur mantenendo un'identità. Un album che può sia piacere agli amanti del vecchio prog, sia agli estimatori dell'occulto che agli ascoltatori che desiderano qualcosa di insolito ma fortemente appagante. Gli
Hail Spirit Noir sono qui, non lasciateveli sfuggire.
Metto qui la opening track del precedente album perché possiate farvi un'idea, poiché del nuovo, in rete, ancora non c'è nulla.